Attualità: Jobs Act, se l’impresa licenzia tutti e poi riassume col nuovo contratto Stampa
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Ormai è chiaro a tutti: con il Jobs Act ci sarà un’impennata delle assunzioni. Ma il modo in cui questi nuovi posti saranno assicurati, resta ancora tutto da valutare, visto l’impatto del nuovo contratto a tutele crescenti, entrato in vigore appena lo scorso 7 marzo e già foriero di preoccupazioni, soprattutto ai lavoratori.

L’ultima storia molto preoccupante arriva da Milano o, per essere precisi, parte da Milano e arriva al Mezzogiorno. Sì, perché, in breve, un’azienda ha deciso allegramente di licenziare 186 persone nel capoluogo lombardo e di assumerne molte altre in altre sedi del sud Italia, approfittando, da una parte delle agevolazioni contenute nella legge di stabilità e, dall’altra, dei minori vincoli contrattuali del Jobs Act.

Insomma, un effetto combinato che rischia di generare decine e decine di casi simili a questo, che porta il nome di Call&Call Milano Srl, call center impegnato a svolgere la customer care per società finanziarie e bancarie.

Come racconta Repubblica, infatti, dallo scorso luglio il personale assunto nella sede milanese di Cinisello Balsamo era stato soggetto a contratti di solidarietà, al fine di evitare il licenziamento di 41 persone. Ma ancora non bastava, perché la società, agendo nel pieno della legittimità in virtù degli ultimi atti di legge, ha spostato la forza lavoro su altri stabilimenti, sfruttando le novità del Jobs Act e dei contributi agevolati e rifacendosi alla legge 223 sui contratti collettivi.

Naturalmente, per i nuovi assunti è stato privilegiato il nuovo contratto a tutele crescenti, mentre per i vecchi lavoratori non resta che adeguarsi alle ben poco consolanti novità.

Secondo i sindacati, è possibile che una società dichiari, al contempo lo stato di crisi e, insieme, finisca per assumere nuovo personale con le leggi attuali, grazie al sistema delle “scatole cinesi”, cioè delle aziende che a nome diverso fanno capo alla stessa proprietà e si trovano in diverse condizioni di salute economica.

La holding, in proposito, si è difesa affermando che “«negli ultimi anni ci sono state perdite di esercizio significative non più sostenibili. Da qui la necessità non più rinviabile di attivare la procedura di mobilità”.

Naturalmente, l’allarme dei sindacati e dei lavoratori è molto elevato, poiché si inizia a capire quale diabolica macchinazione può generarsi, specie nei grandi gruppi che controllano più di una singola società: con una mano si dichiara lo stato di crisi o il fallimento, con l’altra si riassume personale a condizioni più svantaggiose e, talvolta, addirittura mettendo le vecchie guarentigie dell’articolo 18 sul tavolo della contrattazione. Se il buongiorno si vede dal mattino, quello del Jobs Act sarà pieno di nubi.

Fonte: leggioggi.it

 
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