News del 03 Maggio 2010 PDF Stampa E-mail
  • Pubblica Amministrazione:  Www.Postacertificata.Gov.It Dal 26 Aprile Per Attivare La Pec;
  • Pubblica Amministrazione: L'indennità Di Turno Non Spetta Quando Il Servizio Non È Continuativo; 
  •  Inail: Coordinamento Dei Sistemi Di Sicurezza Sociale Degli Stati Membri; 
  • Pubblica Amministrazione: Niente Più Raccomandate A/R Per Trasmettere I Certificati Di Malattia;
  •  Pubblica Amministrazione: Scade Il 30 Aprile Il Termine Per La Nomina Per Gli Organismi Di Valutazione 

 

 

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: SU WWW.POSTACERTIFICATA.GOV.IT DAL 26 APRILE PER ATTIVARE LA PEC 
A partire dallo scorso lunedì 26 Aprile si è potuto fare richiesta di attivazione della Pec, la posta elettronica certificata, che consente ad ogni cittadino di inviare agli uffici pubblici messaggi di testo con lo stesso valore legale di una raccomandata con avviso di ricevimento. Per richiedere l'attivazione del servizio di Posta Certificata bisogna collegarsi al portale www.postacertificata.gov.it e seguire la procedura guidata. 
Trascorse 24 ore dalla registrazione online (ed entro 3 mesi) ci si potrà quindi recare presso uno degli Uffici postali abilitati per l'identificazione e la firma sul modulo di adesione. Indispensabili un documento di riconoscimento personale e il codice fiscale (o tessera sanitaria). Ad oggi sono oltre 80mila le Pec richieste dai cittadini, grazie alla sperimentazione avviata a fine settembre 2009 da Aci e Inps.  
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: L'INDENNITÀ DI TURNO NON SPETTA QUANDO IL SERVIZIO NON È CONTINUATIVO 
Non hanno diritto all'indennità di turno i dipendenti del comune che, pur avendo un orario articolato, lavorano in una struttura che non offre la continuità del servizio, ad esempio perché non è aperto la domenica e durante le festività. 
Questo l'importante principio sancito dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 8254 del 7 aprile scorso, con cui la Suprema corte ha accolto il ricorso di un comune avverso la sentenza del Tribunale che aveva riconosciuto ad alcuni dipendenti del servizio di biblioteca il diritto all'erogazione dell'indennità di turno. 
La questione era stata sorta a seguito della richiesta di un dipendente del pagamento della maggiorazione della retribuzione per l'indennità disciplinata dall'art. 22 del Ccnl del 14 settembre 2000, in quanto il proprio orario di servizio era stato articolato in dieci ore per alcuni giorni della settimana e in cinque ore per i restanti giorni, con conseguente articolazione dell'orario stesso distribuito secondo turni. 
La Cassazione ha chiarito che le condizioni per l'erogazione dell'indennità di turno sono tre e devono sussistere contemporaneamente. In particolare, l'orario del servizio deve essere di almeno 10 ore, il servizio deve essere continuativo e non può prevedere interruzioni ed è necessaria la distribuzione equilibrata e avvicendata dei turni nell'arco del mese. 
Nel caso di specie, il servizio di biblioteca non è aperto con continuità, chiudendo la domenica e nei giorni festivi, in alcuni giorni era aperto solo di cinque ore e i dipendenti avevano un orario di servizio "spezzato" (8-13 e 15-19), non risultando perciò realizzate le condizioni per l'erogazione dell'indennità di turno. 
Fonte: Il Sole 24 Ore 
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: SCADE IL 30 APRILE IL TERMINE PER LA NOMINA PER GLI ORGANISMI DI VALUTAZIONE 
Il Dlgs n. 150/2009 introduce, nell'ambito del sistema di misurazione e valutazione delle prestazioni, l'organismo indipendente di valutazione della performance che, per espressa previsione, sostituisce gli attuali servizi di controllo interno di cui al Dlgs n. 286/1999, in qualsiasi forma costituiti.
Dopo un primo momento di dibattito originatosi intorno agli strumenti del sistema (piano della performance, relazione, fasce di valutazione ecc.) l'attenzione si è appuntata direttamente sulla posizione e sul ruolo che l'organismo in questione viene a svolgere nel contesto della riforma e subito sono venute alla luce diverse criticità applicative, conseguenti sia all'incerta formulazione della legge, che alle problematiche derivanti dall'applicabilità di tali disposizioni alle amministrazioni diverse da quelle centrali, con particolare riferimento a regioni ed enti locali, ai quali, in virtù dell'autonomia agli stessi riconosciuta dalla Carta costituzionale, la riforma non può essere integralmente imposta. 
In particolare, sono state evidenziate questioni in ordine all'istituzione, alla composizione ed alla collocazione, nell'ambito della struttura organizzativa delle pubbliche amministrazioni, dell'organismo di valutazione, che qui di seguito s'intendono affrontare.
Considerazioni generali: l'applicabilità agli enti locali delle norme del Dlgs n. 150 
La riforma del rapporto di lavoro alle dipendenze della PA operata dal Dlgs n. 150/2009 impone una riconsiderazione completa dei sistemi di organizzazione e gestione delle risorse umane attualmente in uso, nonché dei sistemi di pianificazione e programmazione in essere o, meglio, impone una riconsiderazione degli strumenti esistenti in un'ottica diversa, a livello sistemico. L'approccio a tali tematiche è risultato, spesso, superficiale e dettato da una mera logica adempimentale. Anche il decreto in esame potrebbe prestarsi ad una simile lettura, data la scansione temporale dell'effettiva entrata in vigore delle sue disposizioni. 
Per gli enti locali si prevede un'applicazione, a regime, non immediata e, per certi aspetti, non dipendente dalle stesse norme del decreto, ma da altri eventi esterni ad esso, quali la sottoscrizione del contratto collettivo nazionale di lavoro che dovrebbe rendere "spendibile" almeno sotto il profilo dei meccanismi premiali, il sistema di misurazione e valutazione della performance. 
È proprio la questione dell'ambito di applicazione del decreto uno degli aspetti principali da affrontare, preliminare all'analisi di molti dei contenuti e delle novità introdotte dal decreto stesso. 
L'art. 1, co. 1, nell'ambito dei principi generali, afferma, con apprezzabile chiarezza, che "Le disposizioni del decreto recano una riforma organica della disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 2 co. 2 del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001".
Ci troviamo, quindi, di fronte ad un provvedimento che riguarda tutti i lavoratori che operano alle dipendenze delle PA di cui all'art. 1, co. 2, del Dlgs. n. 165/2001 con un rapporto di lavoro "contrattualizzato", con esclusione quindi unicamente del personale tuttora in regime di diritto pubblico indicato dall'art. 3 dello stesso decreto legislativo n. 165/2001.
La questione non è, tuttavia, così palese in quanto, come si evince dalla lettura dell'art. 74, vengono enucleate un primo gruppo di norme che rientrano nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, co. 2, della Costituzione, ed un secondo gruppo di norme, di diretta attuazione dell'art. 97 della medesima Carta costituzionale, che costituiscono principi generali dell'ordinamento, ai quali si adeguato le regioni e gli enti locali, anche con riferimento agli enti del Servizio sanitario nazionale, negli ambiti di rispettiva competenza.
Dalla lettura del co. 1 dell'art. 74 è possibile desumere il complesso delle norme immediatamente precettive, cioè di quelle norme dotate di un'efficacia e di una forza particolari, in grado di modificare l'ordinamento interno senza alcun bisogno di adeguamento armonizzatore, anche contro ed a prescindere dalla effettiva volontà adeguativa dei soggetti destinatari; sono disposizioni di carattere molto ampio e generale (si pensi, ad esempio, alle norme sulla trasparenza) con le quali si attua una vera e propria compressione dell'autonomia degli enti ai quali sono rivolte, in ragione del particolare interesse che le stesse intendono conseguire e tutelare. 
Il co. 2 del sopra citato art. 74 elenca, invece, gli articoli che costituiscono principi generali dell'ordinamento a cui si adeguano le regioni e gli enti locali, anche con riferimento agli enti del Ssn, negli ambiti di rispettiva competenza.
Il problema dell'applicabilità agli enti locali è, come già accennato, uno dei nodi critici della riforma, che non ha una soluzione certa e univoca, ma, al contrario, offre spunti di riflessione almeno su due letture prospettiche, le quali rappresentano due distinte correnti di pensiero.
Una prima corrente di pensiero segue una linea di tipo squisitamente formalista, per la quale il decreto distinguerebbe tra norme immediatamente precettive (indicate nell'art. 16, co. 1) e norme applicabili in punto di principio (indicate negli artt. 16, co. 2, e 31, co. 1).
Questa tesi, tuttavia, non chiarisce la sorte di tutte le altre disposizioni del decreto che non vengono indicate né in una tipologia, né nell'altra e, soprattutto, se siano applicabili o meno agli enti locali ed entro quali termini. Affermare che tutte le norme non espressamente collocate in un gruppo o nell'altro non sarebbero applicabili farebbe pensare ad una riforma del tutto parziale, certamente menomata in termini di portata ed efficacia reale. 
Una seconda corrente di pensiero passa, invece, attraverso l'analisi dei principi generali dettati dagli artt. 1 e 2 del decreto che, come evidenziato in apertura, fanno esplicito riferimento ai rapporti di lavoro di cui all'art. 2, co. 2, del Dlgs n. 165/2001, che riguarda i rapporti di lavoro di tutte le amministrazioni pubbliche, ivi compresi gli enti locali.
Già questa osservazione potrebbe risultare sufficiente per sostenere che anche le disposizioni non citate in maniera esplicita sarebbero applicabili alle amministrazioni locali, ma ulteriori elementi a supporto di questa interpretazione si evincono dall'analisi di dettaglio di alcuni articoli. Ad esempio, il co. 1 dell'art. 31 prevede che una delle disposizioni da applicare in punto di principio sia il co. 1 dell'art. 27, escludendo, quindi, laddove si accedesse alla precedente tesi, i co. 2 e 3 della norma che, quindi, non sarebbero applicabili né in punto di principio, tanto meno come norma precettiva di dettaglio e, quindi, estratti dall'applicabilità della riforma per quanto attiene alle regioni ed alle autonomie locali. Nel dettaglio, tuttavia, il co. 3 contiene un esplicito e chiaro riferimento anche a regioni ed enti locali per quanto attiene all'utilizzo delle risorse finalizzate al riconoscimento del premio di efficienza solo se i risparmi siano stati documentati nel la Relazione di performance e validati dal proprio organismo di valutazione, economie che possono realizzarsi solo previa documentazione nella relazione di performance e previa validazione da parte del proprio organismo di valutazione, con ciò dando inequivocabilmente atto come tali istituti e disposizioni siano direttamente ed immediatamente applicabili anche a regioni ed enti locali. 
Il dettaglio della norma ci porta, dunque, a ritenere che sia le disposizioni relative alla relazione sulle performance, che quelle relative all'organismo di valutazione siano applicabili agli enti locali già per volontà dello stesso legislatore delegato e, in questa logica interpretativa, si può affermare di essere di fronte ad un impianto sviluppato non sulla base di due tipologie normative, bensì su tre ordini di disposizioni: norme immediatamente precettive dotate di forza modificativa ed integrativa immediata degli ordinamenti interni senza alcuna necessità di armonizzazione, norme applicabili in punto di principio mediante adeguamento degli ordinamenti interni e, da ultimo, norme applicabili in punto di dettaglio attraverso l'attività armonizzatrice del proprio ordinamento da parte degli enti.
Queste ultime, infatti, sono disposizioni che hanno necessità di una specifica attività conformativa attraverso l'adeguamento ordinamentale interno, così come le norme applicabili in punto di principio, sulle quali, però, l'adeguamento avviene in termini di principi e non di dettaglio attuativo, mentre per le norme applicabili in punto di dettaglio l'adeguamento avviene sui singoli dispositivi. L'armonizzazione ha la chiara finalità, in tale ipotesi, di adeguare le disposizioni rese in punto di dettaglio al fine di renderle compatibili con le specifiche peculiarità dell'ordinamento degli enti locali. Tra queste disposizioni rientrano quelle inerenti all'organismo indipendente di valutazione, come emerge dal sopra citato art. 27, co. 3. 
Nel caso di specie, anche la Commissione, nel confermare l'applicabilità agli enti locali delle disposizioni in tema di istituzione dell'organismo indipendente che deriva dall'art. 16, co. 2, ha avuto modo di osservare che gli enti locali sono tenuti, entro il 31 dicembre 2010, ai sensi del combinato disposto recato dalle disposizioni di cui all'art. 16, co. 2 e 3, ad adeguare i propri ordinamenti ai principi contenuti nelle norme del Dlgs 150 indicate nel co. 2 del citato art. 16, tra i quali è richiamato anche l'art. 7, che attribuisce lo svolgimento della funzione di misurazione e valutazione delle performance agli organismi indipendenti di valutazione di cui all'art. 14.
Appare, pertanto, necessario che le regioni e gli enti locali, nelle disposizioni di adeguamento, richiamino il contenuto dell'art. 14, adeguando i propri ordinamenti, in materia di costituzione, composizione e funzionamento dell'organismo di valutazione, ai principi dettati in materia dalla riforma entro il termine del 31 dicembre 2010 (art. 16, co. 3), termine temporale decorso il quale le disposizioni introdotte dal decreto in esame diverranno immediatamente precettive ed in grado di incidere, in via modificativa ed integrativa, direttamente l'ordinamento interno agli enti a prescindere dall'omessa attività adeguativa.
Collocazione dell'organismo indipendente di valutazione 
Una volta stabilita l'applicabilità anche agli enti locali delle norme inerenti l'Oiv, si ritiene utile un approfondimento della materia considerando che trattasi di uno degli aspetti maggiormente innovativi della riforma.
Come previsto dall'art. 14 del decreto ogni amministrazione in forma singola o associata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, deve dotarsi di un organismo indipendente di valutazione della performance.
Questi organismi possono essere definiti come elementi di "delocalizzazione" dell'attività della Commissione nazionale per la valutazione, la trasparenza e l'integrità, di cui all'art. 13 del Dlgs 150, presso le amministrazioni. Secondo questa logica l'attività di monitoraggio, di coordinamento, di controllo, di asseverazione da parte dell'organismo indipendente all'interno dell'amministrazione non è tanto un'attività sostitutiva di compiti che dovrebbero essere svolti dall'amministrazione, ma soprattutto un'attività di garanzia, nella logica che sia un soggetto indipendente e autonomo a valutare la bontà del sistema di valutazione globalmente considerato. 
In realtà, l'organismo avrà sicuramente un riferimento diretto nella Commissione ma, in virtù dell'art. 1, co. 2, lett. a), secondo periodo, del Dlgs n. 286/1999 (non abrogato), risponderà direttamente agli organi di indirizzo politico amministrativo. 
La Commissione stessa ha espressamente dato conto di questa apparente antinomia, prevedendo, in linea generale e ferma ogni autonoma determinazione rimessa alla potestà organizzatoria dell'amministrazione, che gli organismi siano posti al di fuori dell'apparato amministrativo in senso stretto, rispetto al quale essi sono chiamati a svolgere i propri compiti in posizione di "indipendenza". Al tempo stesso, effettività e autorevolezza dell'esercizio delle funzioni richiedono una collocazione degli organismi in stretto collegamento con l'organo di indirizzo politico, ancorché al di fuori degli uffici di diretta collaborazione (come è comprovato dalla durata degli organismi svincolata da quella del vertice politico).
La Commissione, nell'ambito dei pareri resi, ritiene che la scelta della collocazione e delle modalità organizzative atte a garantire la necessaria autonomia ed indipendenza dei componenti dell'Oiv sia rimessa all'autonoma determinazione dell'amministrazione interessata, che dovrà anche adottare le sue discrezionali decisioni in ordine al rapporto contrattuale ed al compenso da attribuire ai membri dell'organismo. 
Al contempo, però, la Commissione esprime l'avviso che l'indicazione di porre l'organismo al di fuori dell'apparato amministrativo in senso stretto ed in collegamento con l'organo di indirizzo politico debba essere rispettata a prescindere dalle dimensioni dell'ente, al fine di garantire la necessaria autonomia ed indipendenza dei componenti dell'organismo ed, al tempo stesso, assicurare l'effettività e l'autorevolezza istituzionale dell'esercizio delle funzioni.
Funzioni e competenze 
Le funzioni dell'organismo sono delineate dal co. 4 e, in particolare, il nodo centrale è rappresentato dalla lett. d), dove si precisa che deve garantire la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, nonché dell'utilizzo dei premi di cui al Titolo III, secondo quanto previsto dal decreto 150, dai contratti collettivi nazionali, dai contratti integrativi, dai regolamenti interni all'amministrazione, nel rispetto del principio di valorizzazione del merito e della professionalità. Si fissa in questo modo il principio che l'amministrazione non viene spogliata dei suoi poteri ma, di fatto, ne viene garantito l'operato e assicurata la validità dei sistemi. 
Il co. 5 attribuisce all'organismo l'indagine annuale sul benessere organizzativo dei dipendenti, nonché il grado di condivisione del sistema di valutazione: questo significa che l'organismo dovrà gestire direttamente i relativi report, anche nell'ottica di poter suggerire cambiamenti al sistema. Si introduce, poi, il riferimento alla valutazione dei propri superiori gerarchici da parte dei dipendenti, la c.d. "valutazione dal basso", che non riguarda solo i dirigenti o le posizioni organizzative, ma tutti coloro che operano in posizione di superiore gerarchico. Queste attività non introducono regime sanzionatori collegati in qualche modo alla erogazione della produttività, ma servono principalmente a strutturare le competenze. 
Secondo il co. 6, l'organismo, a conclusione del percorso, deve validare, cioè certificare, la relazione sulla performance, attraverso non una mera valutazione dei contenuti della relazione, quanto mediante una ricostruzione del ciclo di coerenza valutativa, che, partendo dalla valutazione di coerenza applicativa del sistema di premialità, giunge, attraversando gli esiti della relazione (risultati) e la loro congruità con la pianificazione delle performance, alla valutazione complessiva della gestione: in mancanza, il sistema di premialità si blocca impedendo ogni tipologia di riconoscimento premiale, in quanto la validazione, quale atto consuntivante del ciclo che garantisce tutto il percorso, è una condizione inderogabile per l'accesso agli strumenti di premialità. Competenza alla nomina e rapporti con gli organi di controllo interno
Il problema della competenza alla nomina dell'organismo è uno dei più spinosi e delicati: il co. 3 dell'art. 14 attribuisce la competenza all'organo di indirizzo politico, sentita la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 13. 
L'individuazione dell'organo di indirizzo politico deve essere verificata in concreto nell'ambito degli specifici ordinamenti delle pubbliche amministrazioni. Infatti, esiste una pre-definizione dalla legge solo per quanto riguarda i ministeri (art. 14 del Dlgs n. 165/2001), mentre per tutte le pubbliche amministrazioni in genere l'art. 4 del Dlgs n. 165/2001 lascia impregiudicata la questione. 
Per gli enti locali, forniti di autonomia organizzativa in base alle norme costituzionali, si applicherebbe il Dlgs n. 267/2000, in base al quale l'organo di indirizzo politico-amministrativo sarebbe da individuare nel Consiglio (comunale o provinciale). Tuttavia la legge delega n. 15/2009, all'art. 4 (in tema di valutazione delle strutture e del personale), co. 2, lett. g), dispone chiaramente che "i sindaci e i presidenti delle province nominino i componenti dei nuclei di valutazione cui è affidato il compito di effettuare la valutazione dei dirigenti [.]". Poiché, l'art. 14, lett. e), del Dlgs n. 150/2009 prevede, nell'ambito dei compiti dell'organismo, la competenza a formulare la proposta di valutazione annuale dei dirigenti di vertice e l'attribuzione ad essi dei premi di cui al Titolo III, si deve concludere per la spettanza della nomina in questione al sindaco o al presidente della provincia. 
Altro elemento di riflessione è introdotto dal co. 2, ove si precisa che l'organismo andrà a sostituire i servizi di controllo interno, comunque denominati, ponendosi quindi un problema di relazione con i nuclei di valutazione. Con questa terminologia erano definiti gli organismi competenti alla valutazione della dirigenza nel Dlgs n. 29/1993 (art. 20), e per questo motivo il termine si ritrova nei contratti collettivi nazionali, ma il riferimento era già scomparso con la riforma operata dai decreti correttivi dell'anno 1998. Attualmente, non c'è alcuna norma di legge vigente che lo prevede, neppure il Dlgs n. 286/1999, se si esclude il mero riferimento contenuto nell'art. 10 (ma limitato alle amministrazioni statali) 
La previsione dell'art. 4, co. 2, lett. g), della legge delega - sopra citata - pare chiara nell'indicare che gli organismi sostituiscano i nuclei di valutazione: la riforma non contempla, infatti, una pluralità di soggetti competenti per le funzioni di controllo interno. A conferma dell'osservazione, si può evidenziare come il Dlgs n. 150/2009 intervenga su alcune disposizioni del Dlgs n. 286/1999 riguardanti gli organismi deputati alle varie forme di controllo interno, nel chiaro intento di sostituire gli organismi ai nuclei nella valutazione dei dirigenti, oltre che agli altri organismi deputati al controllo strategico . 
Indubbiamente il primo passo è l'adeguamento regolamentare, tenendo conto che i componenti attuali dei nuclei potranno permanere quali componenti degli organismi solo se in possesso dei requisiti descritti al paragrafo seguente. 
Sempre in tema di relazioni con altri organi, si pone l'attenzione anche sulla lett. b) dell'art. 14, co. 4, secondo cui l'organismo "comunica tempestivamente le criticità riscontrate ai competenti organi interni di governo ed amministrazione, nonché alla Corte dei conti, all'Ispettorato per la funzione pubblica e alla Commissione". In questo caso, il riferimento, per gli enti locali, è da intendersi operato in relazione alla Giunta. 
Con la norma in esame si introduce un rapporto diretto dell'organismo con altri organi, interni ma soprattutto esterni, e si deve capire cosa si intende per "criticità", che è un concetto molto ampio; sicuramente vi rientra il disallineamento dei sistemi adottati rispetto agli indirizzi della Commissione, ma, indubbiamente, il concetto può essere esteso anche ad altre casistiche. 
Composizione dell'organismo 
Il co. 7 dell'art. 14 ribadisce che i componenti dell'organismo devono possedere non solo competenza derivante dai titoli, ma anche professionalità derivante dal possesso di titolo ed esperienze empiriche maturate sul campo: a tal fine, i curricula devono essere comunicati alla Commissione ai fini della verifica del possesso dei requisiti. 
Su questo si è espressa nel dettaglio la Commissione con propria delibera n. 4 del 16 febbraio 2010, che è di immediata applicazione per lo Stato e costituisce linea guida per l'adeguamento degli ordinamenti di regioni, enti locali ed amministrazioni del Ssn, da realizzarsi entro il 31 dicembre 2010. La Commissione si sofferma, in primo luogo, sulla scelta tra organo monocratico o collegiale, scelta influenzata in primo luogo dalle dimensioni e dalla complessità della struttura organizzativa dell'ente. Il secondo aspetto trattato riguarda le competenze esterne o interne, per cui si ritiene che la complessità delle funzioni demandate agli organismi richiedano una buona conoscenza degli assetti organizzativi, delle risorse e delle funzioni dell'ente, ma, al tempo stesso, l'esigenza che l'organismo svolga il proprio ruolo con capacità innovative e in condizioni di assoluta autonomia, fa ritenere che la scelta più consona sia quella di composizione mista. 
La Commissione, nell'ambito dei pareri resi, da un lato ammette la possibilità di nominare, tra i componenti l'organismo, un dipendente dell'ente; dall'altro, esclude la possibilità di nominare quale componente dell'organismo indipendente di valutazione il vertice amministrativo dell'ente, in considerazione del rapporto tra l'organo di indirizzo politico-amministrativo e l'organismo di valutazione nell'ambito del ciclo della performance e del sistema di misurazione, che culmina con la proposta di valutazione annuale dei dirigenti di vertice, ai sensi dell'art. 14, co. 4, lett. e), del Dlgs n. 150/2009. 
C'è un probabile fraintendimento tra le espressioni "dirigenti di vertice" e "vertice amministrativo": per gli enti locali il vertice amministrativo è il segretario generale o, se nominato, il direttore generale (ove si ritenga che tale nozione non sia da intendersi direttamente riferita all'organo di vertice politico), ma tali figure non possono essere ricondotte alla figura di dirigenti di vertice in quanto non costituiscono, nel sistema degli enti locali, tipiche figure dirigenziali, ma si caratterizzano per la nomina essenzialmente fiduciaria: proprio per la propria particolare posizione, potrebbero costituire (se dispongono dei necessari requisiti) componenti di organismi di valutazione. Diversamente, invece, qualora siano anche titolari di strutture dirigenziali con obiettivi e risorse assegnati, perché la posizione del controllore e del controllato verrebbero a coincidere. 
Il nodo centrale della delibera citata è rappresentato dalla parte in cui si elencano le competenze professionali necessarie, le aree per l'accertamento dei requisiti e gli strumenti per una adeguata decisione. 
Si rinvia all'art. 14, co. 7, del Dlgs n. 150/2009 per poi affermare che necessariamente i soggetti nominati devono avere competenze nei campi del management, della pianificazione, controllo di gestione, misurazione e valutazione della performance delle strutture e del personale. La Commissione precisa che il livello di professionalità dovrà essere adeguatamente ponderato in modo da raggiungere un livello di professionalità dell'organismo nel suo complesso idoneo allo svolgimento delle sue funzioni. Il livello di professionalità complessivo potrà essere completato avendo particolare riguardo alla struttura tecnica permanente il cui responsabile, secondo quanto disposto dall'articolo 14, co. 9, del decreto, deve possedere una specifica professionalità ed esperienza nel campo della misurazione della performance nelle amministrazioni pubbliche. 
L'amministrazione dispone di discrezionalità anche nella costituzione della struttura tecnica permanente, ma si deve tener presente che la complessità delle funzioni degli organismi e, conseguentemente, la pluralità delle competenze professionali richieste fanno assumere rilevanza significativa alla struttura tecnica permanente, quale necessario supporto all'attività dell'organismo, nella quale assicurare quel carattere multidisciplinare delle professionalità che non può trovare sbocco unicamente nella composizione. 
Sono, altresì, individuate tre aree di valutazione per verificare la presenza dei necessari requisiti dei componenti degli organismi di valutazione: area delle conoscenze (sapere), costituita dal bagaglio di nozioni e concetti propri del sapere teorico, risultante dal complessivo percorso formativo; area delle esperienze o competenze specifiche (saper fare), consistente nel possesso di determinate abilità acquisite dall'esperienza e dal percorso professionale; area delle capacità (saper essere), che indica il complesso di caratteristiche personali intellettuali, manageriali, relazionali, realizzative, idonee a rivelare l'attitudine dell'interessato a rivestire un certo ruolo. 
Proprio la previsione della terza area si presenta particolarmente interessante, perché si viene a richiedere anche una valutazione del potenziale e non sono della professionalità acquisita, e ciò appare necessario perché i componenti dell'organismo dovranno operare in un contesto complesso con particolare riferimento a processi di cambiamento ed innovazioni nel quale si troveranno ad essere anche attori del cambiamento. 
Per favorire lo svolgimento del ruolo richiesto, la Commissione esplicita che l'età media non deve superare i cinquant'anni d'età, dovendosi evitare ad ogni modo uno scostamento dalla media tale da consentire la scelta di componenti privi di una esperienza significativa o alla soglia del collocamento a risposo. A tale riguardo, deve escludersi che possano essere nominati componenti che abbiano superato la soglia dell'età necessaria per l'accesso alla pensione. 
La Commissione, nell'ambito dei pareri resi, si è espressa nel senso che, mentre il requisito dell'età media può essere in parte derogato con adeguata motivazione, non altrettanto può dirsi per quanto riguarda il superamento della soglia dell'età pensionabile e ad analoga conclusione si deve pervenire per quanto riguarda i requisiti attinenti all'area delle conoscenze, delle esperienze professionali e delle capacità, perché direttamente strumentali allo svolgimento dei compiti che il legislatore del Dlgs n. 150/2009 ha affidato agli Oiv.
La scadenza del 30 aprile 2010 per la nomina dei componenti dell'organismo 
Una volta nominato l'organismo può durare in carica per un periodo di tre anni e può essere rinnovato una sola volta. 
La Commissione, con la sopra citata delibera n. 4 del 16 febbraio scorso, segnala alle amministrazioni l'esigenza di avviare con urgenza il procedimento per la costituzione degli organismi, considerando anche i tempi per l'acquisizione del parere della stessa Commissione. 
Si ricorda che, in linea generale, i servizi di controllo interno, comunque denominati - che gli organismi sono destinati a sostituire - decadranno a decorrere dal 30 aprile 2010 in virtù dell'abrogazione espressa disposta dall'art. 30, co. 4, delle norme di cui all'art. 6, co. 2 e 3, del Dlgs n. 286/1999. In realtà, la necessità dell'individuazione dell'organismo in tempi rapidi deriva soprattutto dalla considerazione per cui gli organismi dovranno provvedere, sulla base degli indirizzi della Commissione, entro il 30 settembre 2010, a definire i sistemi di valutazione della performance di cui all'art. 7, al fine di garantire la piena operatività del sistema dal 1° gennaio 2011.
La costituzione dei nuovi Oiv per gli enti locali è adempimento da assolvere entro il 31 dicembre 2010, ai sensi delle norme di adeguamento di cui agli artt. 31 e 74 del Dlgs n. 150/2009. Tuttavia appare opportuno che le amministrazioni locali provvedano a costituirli al più presto, comunque dopo che gli attuali Nuclei di valutazione abbiano provveduto alla valutazione relativa al 2009. Ciò risulta suggerito dalla necessità che l'Oiv segua, sin dal corrente anno, sia la fase di pianificazione delle prestazioni, al fine di poter poi validare con cognizione di causa la relazione sulle performance, sia la fase di redazione del nuovo strumento valutativo, ai sensi dell'art. 7 del decreto, al fine di avere il tempo necessario per formulare la proposta agi organi competenti e di condividerne contenuti e metodologie. 
Tra l'altro, la Commissione si è espressa chiaramente sul punto della competenza dell'organismo indipendente per la valutazione degli obiettivi individuati per l'anno 2010, secondo i criteri di valutazione e monitoraggio in precedenza definiti, dal momento che i servizi di controllo interno, comunque denominati, che gli organismi sono destinati a sostituire, decadranno a decorrere dal 30 aprile 2010, in forza dell'abrogazione espressa, disposta dall'art. 30, co. 4, del Dlgs n. 150/2009, delle disposizioni di cui all'art. 6, co. 2 e 3, del Dlgs n. 286/1999. 
Fonte: Il Sole 24 Ore 
INAIL: COORDINAMENTO DEI SISTEMI DI SICUREZZA SOCIALE DEGLI STATI MEMBRI
In relazione all'entrata in vigore - il 1° maggio 2010 - del Regolamento (CE) n. 883/2004 (c.d. Regolamento di base), relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri, integrato e modificato dal Regolamento (CE) n. 988/2009, l'INAIL ha pubblicato la circolare n. 16 del 20 aprile 2010, contenente le prime informazioni a carattere normativo in materia e, soprattutto, le prime indicazioni operative, tenuto conto che a livello comunitario è in corso la definizione dei contenuti e delle procedure applicative tra i vari Stati membri. 
Leggi la Circolare N. 16 del 2010 
Fonte: dpl modena
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: NIENTE PIÙ RACCOMANDATE A/R PER TRASMETTERE I CERTIFICATI DI MALATTIA
Cade l'obbligo per i lavoratori pubblici di inviare, entro i 2 giorni lavorativi successivi all'inizio della malattia, tramite raccomandata A/R, le attestazioni di malattia alle proprie amministrazioni. 
Lo ha precisato il dipartimento della Funzione pubblica che, con circolare del 19 marzo scorso, ha diramato le indicazioni operative per la trasmissione per via telematica dei certificati medici attestanti la malattia dei dipendenti pubblici. 
In particolare, il provvedimento si occupa di: 
- informare i medici sulle modalità con cui effettuare la compilazione e l'invio della predetta certificazione; 
- dare informazioni ai lavoratori del settore pubblico circa oneri e vantaggi della nuova procedura; 
- descrivere gli adempimenti delle amministrazioni per la corretta ricezione delle attestazioni di malattia trasmesse per via telematica; 
- individuare un periodo transitorio, durante il quale sarà possibile per i medici utilizzare ancora il certificato cartaceo in alternativa a quello redatto e inviato con modalità telematiche; 
- fornire informazioni circa le sanzioni previste dall'articolo 55-septies del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dal decreto legislativo n. 150 del 2009. 
Sono tenuti alla trasmissione telematica dei certificati i medici dipendenti dal Servizio sanitario nazionale e quelli in regime di convenzione con lo stesso Ssn. Resta fermo tuttavia l'obbligo del lavoratore di segnalare tempestivamente la propria assenza e l'indirizzo di reperibilità, se diverso dalla residenza o dal domicilio abituale, all'amministrazione per i successivi controlli medico-fiscali. 
Quanto ai tempi di attuazione del nuovo sistema, il dipartimento della Funzione pubblica precisa che il medico curante procederà, in via telematica, alle operazioni di predisposizione e di invio dei certificati di malattia nonché a quelle di rettifica e di annullamento dei certificati di malattia secondo le modalità indicate dalla circolare de qua a decorrere dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del ministero della Salute, di concerto con il ministero del Lavoro e con quello dell'Economia e delle finanze, in data 26 febbraio 2010. 
Il medico curante avrà la possibilità, per i 3 mesi successivi alla pubblicazione del predetto decreto interministeriale, di procedere al rilascio cartaceo dei certificati, secondo le modalità attualmente vigenti. 
Scaduto il periodo transitorio di 3 mesi, la trasmissione dovrà essere effettuata esclusivamente in via telematica. 
Il Dfp ricorda, infine, che l'inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta il licenziamento o, per i medici convenzionati, la decadenza dalla convenzione in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi. 
Fonte: Il Sole 24 Ore 
INPS: TRASMISSIONE TELEMATICA DELLE CERTIFICAZIONI DI MALATTIA ALL'INPS
Con la circolare n. 60 del 16 aprile 2010, l'INPS fornisce le prime istruzioni per la trasmissione telematica delle certificazioni di malattia all'Inps. 
Leggi la Circolare N. 60 del 16 Aprile 2010 
Fonte: dpl modena
TFR: AGGIORNATO IL COEFFICIENTE DI RIVALUTAZIONE PER IL MESE DI APRILE 2010
Il coefficiente di rivalutazione del TFR, per le quote accantonate dal 14 marzo 2010 al 15 aprile 2010, è pari al 0,761598%.
Fonte: dpl modena

 

 

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