News del 16 Novembre 2010 PDF Stampa E-mail

  • Pubblica Amministrazione: Scuole, nel Lazio fondi per 12 milioni destinati alla multimedialità
  • Pubblica Amministrazione: online gli atti pubblici. Ma mancano le regole tecniche
  • Pubblica Amministrazione: Con la digitalizzazione la sanità risparmierà 15 miliardi
  • Pubblica Amministrazione: Francesco Beltrame alla guida di DigitPA
  • Pubblica Amministrazione: Province e Regioni, cresce il digitale. Ancora indietro i Comuni
  • Pubblica Amministrazione: Mobilità del personale
  • Pubblica Amministrazione: modifiche al Codice dell'Amministrazione digitale
  • CIVIT: delibera n.133/2010
  • CIVIT: Piano performance - Struttura e modalità redazione
  • CIVIT: attività della Commissione 22/12/2009 - 26/10/2010
  • Pubblica Amministrazione: Tutela della concorrenza e Regioni nel nuovo assetto istituzionale dopo la riforma del Titolo V della Costituzione
  • Pubblica Amministrazione: Personale alla prova subentro
  • Pubblica Amministrazione: Il miliardo ombra dei sindaci. Comuni a rischio default con i debiti nascosti nei bilanci
  • Pubblica Amministrazione: I costi impliciti annullano la firma dello swap
  • Pubblica Amministrazione: L'auto è un costo di servizio
  • Pubblica Amministrazione: I comuni rivendicano la leva fiscale
  • Pubblica Amministrazione: La stretta sul debito si estende a tutti i comuni
  • Pubblica Amministrazione: Sospesa la tracciabilità dei «vecchi» appalti
  • Parlamento: pubblicata la Legge n. 183/2010 - c.d. Collegato Lavoro
  • Pubblica Amministrazione: Via al primo master sull'interoperabilità per la PA e imprese

La Fondazione Roma lancia un'iniziativa volta a favorire il rinnovamento tecnologico nelle scuole primarie del Lazio con l'erogazione di fondi per 12 milioni di euro, da utilizzare per la creazione di nuove aule multimediali e multifunzionali, dotare gli istituti di attrezzature informatiche ed audiovisive di ultima generazione e di ausili e software specifici per il sostegno degli alunni diversamente abili.

Il finanziamento riguarda 441 scuole statali di istruzione primaria, di cui 315 nella provincia di Roma, 65 nella provincia di Latina e 61 nella provincia di Frosinone.

La Fondazione Roma, presieduta da Emmanuele Emanuele, ha già sostenuto, per 33 milioni, l'intervento per il rinnovamento tecnologico di circa 600 istituti di istruzione secondaria di primo e secondo grado presenti sul territorio.

"Con questa iniziativa - dice il presidente Emmanuele Emanuele - la Fondazione prosegue nel proprio impegno nel settore dell'istruzione promuovendo e finanziando l'ammodernamento tecnologico in ambito didattico rivolto al miglioramento dell'offerta formativa delle scuole medie superiori, inferiori e primarie statali presenti sul territorio".

La Fondazione sta valutando anche l'opportunità di realizzare, per le scuole primarie statali che ne facciano richiesta, appositi corsi di formazione per i docenti che li preparino ad un utilizzo mirato e consapevole di Internet, per evitare che i minori entrino in contatto con contenuti non adatti alla loro età.

Fonte:il corriere delle comunicazioni

  

Pubblica Amministrazione: online gli atti pubblici. Ma mancano le regole tecniche

Dal primo gennaio 2011 si sposta sul web l'albo per la pubblicità legale di amministrazioni e enti pubblici. Sulle norme operative, ancora assenti, al lavoro un gruppo di esperti e dipendenti pubblici. Anorc: "Consegneremo la bozza definitiva al ministro Brunetta a fine consultazione"

Dal primo gennaio 2011 entrerà in vigore una norma “epocale”: la pubblicità legale dovrà essere garantita solo online, sui siti istituzionali di PA (il cosiddetto albo online), così come previsto dall’articolo 32 della legge 18 giugno 2009 n. 69. La normativa primaria prevedeva un decreto applicativo che avrebbe dovuto spiegare alle PA come procedere. Del decreto, però, non c’è traccia, ma il termine si sta avvicinando e le problematiche da risolvere sono ancora molte.

Per questi motivo un Gruppo interdisciplinare composto da professori universitari, funzionari di ministeri, università e enti locali, giuristi esperti di diritto dell’informatica, archivisti, ingegneri e professionisti del settore hanno sviluppato una bozza di Dpcm con la collaborazione di un Gruppo per la revisione tecnico-applicativa, formato da esperti e dipendenti di amministrazioni pubbliche (Regioni, Province, Comuni, Università, Camere di commercio) ma anche personale proveniente dalle amministrazioni statali, quali il ministero per i beni e le attività culturali, DigitPA, una Procura Generale e la stessa Presidenza del Consiglio dei ministri.

In un incontro nazionale verrà consegnata al ministro delle PA e Innovazione, Renato Brunetta la bozza “definitiva”.

Fonte:il corriere delle comunicazioni

  

Pubblica Amministrazione: Con la digitalizzazione la sanità risparmierà 15 miliardi

Il ministro Brunetta spinge l'acceleratore sull'innovazione in sanità. "Siamo al punto di non ritorno nel processo di digitalizzazione della sanità italiana - ha detto intervenendo al Forum Meridiano Sanità in corso a Cernobbio -. Una rivoluzione che ci porterà a risparmiare almeno 15 miliardi, il 10% dell'attuale spesa sanitaria".

"Il più è stato fatto - assicura il ministro ricordando lo stato dell'arte della riforma. "A oggi i certificati inviati complessivamente sono 1,2 milioni, 106 mila solo nell'ultima settimana, con un flusso giornaliero di 20 mila certificati - ha ricordato -. Il 2 novembre, per fare un esempio, ne sono stati inviati 32.600. Ogni giorno sulla via telematica viaggiano ormai il 61% dei certificati e l'89% dei medici di famiglia risulta abilitato". Il record va alla Lombardia con un flusso di 521 mila certificati digitali, seguita dal Lazio con 94 mila.

"Entro un mese o due avremo anche la ricetta digitale tanto che la rivoluzione potrebbe raggiungere il traguardo entro la metà del 2011, quando l'obiettivo che ci eravamo prefissati era il 2012 - ha annunciato -. Per l'estinzione della ricetta rossa manca solo un decreto-circolare del ministero dell'Economia e delle finanze che definisca le regole, e potrebbe arrivare già a giorni".

Intesa raggiunta intanto fra l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione e la Beijing Science and Technology Commission per la realizzazione di un Centro Italia-Cina per il trasferimento tecnologico alle imprese nei settori della sostenibilità ambientale, dell'e-Government e del design industriale e delle scienze della vita.

L'intesa e la prossima realizzazione del Centro sono stati annunciati oggi dal ministro della Pubblica Amministrazione e Innovazione, Renato Brunetta, al Forum italo-cinese sull'Innovazione promosso oggi a Roma dal ministero di Palazzo Vidoni all'Auditorium della Tecnica di Confindustria, alla presenza del ministro cinese per la Scienza e la Tecnologia, Wan Gang.

"Questo Forum apre una nuova era nei rapporti fra l'Italia e la Cina" ha detto Brunetta aprendo i lavori del summit alla presenza del vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani e del presidente della Fondazione Italia-Cina, Cesare Romiti. Il Forum è stato aperto dalla Vice presidente di Confindustria e presidente per la Ricerca e Innovazione, Diana Bracco, in videocollegamento da Milano.

Al Forum partecipano 250 rappresentanti italiani e 100 cinesi di imprese, istituzioni e università. Il Forum, ha detto ancora Brunetta, rafforza il progetto 'Italia degli Innovatori', ricordando che a "Shanghai sono stati realizzati incontri ad altissimo livello" e che si aprono ora "progetti di scambio tecnologico fra i due Paesi per consentire all'Italia di "entrare nello sterminato mercato della Cina".

"Siamo tornati dall'Expo di Shanghai e, in particolare, grazie all'iniziativa 'Italia degli Innovatori', con una messe importante di incontri tra imprese italiane e cinesi" ha detto ancora Brunetta aggiungendo che "gli incontri che hanno caratterizzato i 15 giorni in cui si è svolta questa iniziativa sono stati tutti di altissimo livello, hanno coinvolto le istituzioni cinesi e hanno dato alla Cina una rappresentazione dell'Italia all'altezza del ruolo che il nostro Paese deve svolgere in questo mercato".

La collaborazione fra Cina e Italia "è cresciuta in tutti i campi, dall'economia agli scambi culturali" e l'Italia punta ad essere sempre più "un partner privilegiato per la Cina, puntando soprattutto su ricerca e innovazione". Così il vicepresidente di Confindustria e presidente del progetto speciale ricerca e innovazione, Diana Bracco.

"La grande partecipazione di imprese italiane qui oggi - ha sottolineato la Bracco - è la conferma più evidente di un interesse diffuso su cui tutti noi dobbiamo costruire. Ricerca e innovazione sono leve essenziali per creare sviluppo in ogni parte del mondo. Nei prossimi 5-10 anni tutti i settori produttivi subiranno un cambiamento radicale per l'emergere delle tecnologie pervasive: dai materiali avanzati, alla micro e nanotecnologia, dalla biotecnologia alla fotonica alla micro e nano elettronica".

"Incentivare lo sviluppo di tutte queste tecnologie - ha aggiunto il vicepresidente di Confindustria - è assolutamente strategico perché siamo consapevoli che solo i Paesi che riusciranno ad averne padronanza potranno assicurare crescita e benessere sostenibile e diffuso".

Il vice presidente Vicario di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, Ennio Lucarelli, nel concludere la sessione sull’E-government del Forum dell’Innovazione Italia-Cina ha fra l'altro dichiarato: "Le imprese italiane di Information Technology, molto attive nello sviluppo di sistemi per l’E-government, sono impegnate in un complesso processo di innovazione digitale, per rafforzare la loro capacità di competere e cooperare a livello internazionale in tutti i settori in cui il "Made in Italy e Made in Europe" sono in grado di produrre prodotti e servizi di eccellenza".

In particolare, "grande attenzione viene dedicata ai sistemi della sanità elettronica e ai sistemi di controllo delle emergenze sanitarie e ambientali - aggiunge Lucarelli - Queste applicazioni richiedono performance evolute, risposte in tempo reale, continuità del servizio, capacità di intervento in aree con un’alta concentrazione di popolazione: obiettivi, questi, che le aziende italiane sono pienamente in grado di conseguire".

"Sono fiducioso che la Cina nei prossimi anni aumenterà gli investimenti nei sistemi di e-Government e che ciò costituirà una grande opportunità per le imprese italiane, le quali sono in grado, fin da oggi, di offrire qualificati contributi, basati su best practices, know how tecnologico e sull’esperienza concreta realizzata in Italia negli anni più recenti".

"In questo senso - chiude Lucarelli - mi sembra molto importante e utile l’iniziativa di aprire un Centro per le Pmi a Pechino, annunciata nei giorni scorsi dal vice presidente della Commissione europea, Antonio Tajani, nell’ambito della "Comunicazione sulla politica industriale integrata nell’era della globalizzazione"”.

Fonte:il corriere delle comunicazioni

  

Pubblica Amministrazione: Francesco Beltrame alla guida di DigitPA

E’ in via di risoluzione il commissariamento che da oltre 6 mesi tiene DigitPA al palo. Per presiedere l’ente il ministro della Pubblica amministrazione e Innovazione, Renato Brunetta, ha scelto Francesco Beltrame, ingegnere elettronico di 57 anni che vanta un’attività molto intensa di ricerca e insegnamento sia in Italia sia all’estero. Nel 2006 Beltrame approda al Cnr come direttore del Dipartimento di Tecnologie dell'Informazione e delle Telecomunicazioni. A volerlo fu proprio Fabio Pistella che all’epoca guidava il Consiglio nazionale delle ricerche e che l’anno successivo sarebbe andato a guidare il Cnipa.

Ora i due ex cavalli di razza del Cnr si ritroveranno insieme a gestire le attività di DigitPA, che del Cnipa è erede, nel consiglio direttivo insieme a Giuliano Urbani e all’avvocato Sala.

Per rendere operativa la nomina serve ora il via libera delle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato che, stando a quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni, potrebbero votare già alla fine di questo mese. Il parere delle commissioni non è strettamente vincolante, ma se negativo viene comunque tenuto in gran conto: lo scorso gennaio in quelle sedi era stata respinta la nomina di Davide Giacalone alla presidenza di DigitPA, spingendo in qualche modo l’interessato a rifiutare l'incarico nonostante l'intenzione di Brunetta di andare avanti con la nomina.

Fonte:il corriere delle comunicazioni

 

 

Pubblica Amministrazione: Province e Regioni, cresce il digitale. Ancora indietro i Comuni

Secondo l’Istat l'informatizzazione si fa strada nel settore pubblico. I servizi più utilizzati dai cittadini sono il download dei moduli Ici, della tassa rifiuti e la dichiarazione di inizio attività

Nel 2009 la quasi totalità delle Regioni (20 su 22) e l'85,3% delle Province hanno dichiarato di disporre di uno o più uffici autonomi di informatica, mentre nelle Comunità montane e nei Comuni le percentuali sono molto più contenute, rispettivamente il 21,8% e il 15,3%. Lo evidenzia l'Istat nella sua indagine sulla diffusione delle tecnologie dell'informazione e comunicazione nelle amministrazioni locali.

La quota più elevata di addetti che svolgono in maniera prevalente o esclusiva un'attività legata all'Ict, rispetto al totale del personale delle amministrazioni pubbliche, si registra nelle Regioni (2,9 addetti Ict ogni 100 dipendenti), in particolare in quelle dell'Italia centrale (8,3 addetti). Seguono poi le Comunità montane e le Province (rispettivamente 2,3 e 2,0 addetti) e i Comuni, che con l'1,6 per cento si collocano leggermente al di sotto della media nazionale (1,9 addetti).

Nel corso del 2008 hanno svolto corsi di formazioni in Ict 21 Regioni su 22 (la totalità di quelle presenti al Centro-nord) e il 61,8% delle Province; di contro, solo il 19% delle Comunità montane e il 17% dei Comuni hanno organizzato attività formative in Ict. Nei Comuni, l'incidenza della formazione in Ict cresce all'aumentare della dimensione demografica, passando dal 3,8 per cento dei dipendenti nei Comuni fino a 5.000 abitanti all'8,9% in quelli con oltre 60.000 abitanti.

Per quanto riguarda il livello di informatizzazione delle varie attività, nel 2009 per tutte le amministrazioni locali si è registrato un ampio utilizzo dell'informatizzazione in rete nella gestione della contabilità, del protocollo e dei pagamenti. Di contro, l'ufficio relazioni con il pubblico e la gestione dei bandi e concorsi sono risultate le attività generalmente meno informatizzate.

In particolare, nei Comuni si evidenzia un intenso ricorso all'informatizzazione in rete della gestione dei servizi anagrafici (75,8%), mentre nelle Province è particolarmente diffusa la gestione della contabilità e del protocollo (98,%). Il sito web istituzionale è presente nel 91,3% delle amministrazioni locali ed è ormai diffuso nella totalità delle Regioni e delle Province. L'esistenza di un sito web istituzionale è pressoché totale anche nei Comuni con più di 5.000 abitanti, mentre si riduce di circa 11 punti percentuali in quelli più piccoli (87,7%).
Per quanto riguarda i servizi disponibili on-line , nel 2009 l'89,8% delle amministrazioni con sito web ha dichiarato di consentire agli utenti l'accesso a servizi di visualizzazione e/o acquisizione delle informazioni, il 76,7% la possibilità di scaricare modulistica, il 49,8% di inoltrarla on-line e il 44,8% l'avvio e la conclusione per via telematica dell'intero iter relativo al servizio richiesto.
Infine, i servizi maggiormente offerti on-line dalle amministrazioni, a qualsiasi livello di interazione, sono quelli relativi all'imposta comunale sugli immobili (60,6%), alla tassa sui rifiuti solidi urbani (53,1%) e alla dichiarazione di inizio di attività produttive (41,6%).

 Leggi: ISTAT - Tlc nelle amministrazioni locali - 3 novembre 2010 ( 168,18 kB )

Leggi: ISTAT - Tavole ( 349,00 kB )

Fonte:il corriere delle comunicazioni

 

Pubblica Amministrazione: Mobilità del personale

L'articolo 13 del Collegato Lavoro (approvato lo scorso 19 ottobre u.s.) torna sulla questione della mobilità del personale nella Pubblica Amministrazione, fattispecie già trattata dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2010.

L'articolo 33 prevede che le Pubbliche Amministrazioni che, a seguito del verificarsi di una delle ipotesi indicate dalla legge (art. 4, 5, 16, 24 della legge n. 223 del 1991), rilevino eccedenze di personale debbano informare le organizzazioni sindacali (rappresentanze unitarie del personale e quelle firmatarie del CCNL del comparto o dell'area).

La comunicazione deve contenere:

•l'indicazione dei motivi che determinano il surplus di personale;

•le motivazioni tecnico ed organizzative in base alle quali non si ritiene praticabile la strada del riassorbimento all'interno della stessa Amministrazione;

•il numero, la collocazione e la qualifica del personale in esubero e quello del personale normalmente impiegato;

•le eventuali proposte per risolvere i problemi legati alle eccedenze ed i tempi di attuazione;

•le eventuali misure programmate per fronteggiare sul piano sociale l'attuazione del piano operativo.

Nei dieci giorni successivi alla ricezione della comunicazione, dietro richiesta delle organizzazioni sindacali destinatarie della stessa, si procede ad iniziare l'esame congiunto nel corso del quale vanno esaminate le causali che hanno determinato le eccedenze, esplorando la possibilità di forme alternative alla risoluzione del rapporto, quali l'utilizzo di forme flessibili del rapporto (tempo parziale, telelavoro, ect.) o contratti solidarietà, o in altre amministrazioni comprese nell'ambito provinciale o in quelle diverse individuate nella contrattazione collettiva sulla base delle situazioni occupazionali.

Le OOSS hanno diritto a ricevere tutte le informazioni necessarie ed utili per la trattativa. La procedura si deve concludere con un accordo o con un mancato accordo entro quarantacinque giorni: ovviamente il mancato accordo deve evidenziare le posizioni espresse dalle parti. Mentre nel settore privato la prosecuzione del tentativo di conciliazione è un passaggio obbligato, nel settore pubblico è eventuale, nel senso che le OOSS possono chiedere che lo stesso prosegua per le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e gli Enti Pubblici nazionali, presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, con l'assistenza dell'Aran.

La fase successiva, tuttavia, non può protarsi: questa va percorsa in quindici giorni, sicchè due mesi dall'apertura della procedura, tutto deve finire. La gestione delle eccedenze di personale può passare anche attraverso il c.d. passaggio di personale ad Amministrazioni diverse: la contrattazione collettiva ha l'onere di stabilire criteri e procedure, con copertura dei posti vacanti e previo consenso dell'amministrazione di appartenenza.

Se ciò non avviene, l'Amministrazione colloca in disponibilità il personale che non ha trovato una nuova collocazione, pur attraverso i tentativi di ricollocazione nella stessa o in altre strutture pubbliche. La norma prevede, come nel settore privato, che l'individuazione dei lavoratori in esubero avvenga in primis, nel rispetto delle esigenze tecnico produttive, rispettando i criteri che siano stati prescelti con l'accordo sindacale.

In loro mancanza, si seguono i seguenti criteri in concorso con loro:

•anzianità, da intendersi, nel rispetto della giurisprudenza esistente nell'anzianità di servizio;

•carichi di famiglia, esso serve ad individuare lo status economico del lavoratore e della sua famiglia. Ne consegue che nella individuazione dei lavoratori secondo tale criterio non ci si può fermare alla mera analisi del calcolo degli assegni familiari erogati, ma occorrere effettuare un accertamento su tutta la situazione familiare, comprese convivenze more uxorio, purchè, in via preventiva, conosciute dal datore di lavoro;

•esigenze tecnico-produttive ed organizzative.

Con le prime si intende sottolineare l'ambito nel quale sussiste l'eccedenza di personale, con le seconde le possibili scelte soggettive dei lavoratori.

Va sottolineato, in ogni caso, che la Cassazione, riferendosi però al settore privato, ha affermato che il datore di lavoro deve valutare globalmente tutti i criteri legali e che la decisione finale può anche dare la prevalenza ad un solo criterio, quello delle esigenze tecnico-produttive ed organizzative, essendo lo stesso più coerente con le finalità della procedura.

Anche per la Pubblica Amministrazione si impone il rispetto sia della norma di non discriminazione nei confronti del personale femminile sia del rispetto della quota riservata ai disabili. Anzi, l'eventuale recesso è annullabile qualora al momento della cessazione del rapporto, il numero dei dipendenti occupati sia inferiore alla quota di riserva prevista dalla legge.

L'articolo 33, comma 8, definisce il collocamento in disponibilità: le obbligazioni correlate al rapporto di lavoro sono sospese e gli interessati hanno diritto all'80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento, per la durata massima di ventiquattro mesi, con corresponsione, se dovuti, degli assegni familiari.

Si è parlato di una somiglianza con la procedura collettiva di riduzione del personale del settore privato: ovviamente, ci sono delle differenze, riscontrabili, ad esempio, nel fatto che non trova applicazione tutta quella parte della normativa ove ci si riferisce, più o meno esplicitamente, all'Inps, come nel caso del così detto contributo d'ingresso che va pagato nell'atto dell'inizio della procedura, del saldo, correlato al numero dei lavoratori collocati in mobilità, alla dichiarazione di disponibilità ad una nuova occupazione o a processi di riqualificazione e formazione professionale postulati.

Precisato il contesto legislativo in essere, la riforma del Collegato Lavoro prevede l'applicazione della procedura descritta anche per gli esuberi:

•in caso di conferimento di funzioni statali alle regioni ed alle autonomie locali, cosa che, nell'immediato futuro, potrebbe essere di particolare rilevanza se verrà attuato il cosidetto federalismo;

•in caso di trasferimento o conferimento di attività svolte da Pubbliche Amministrazioni ad altri soggetti pubblici, come potrebbe accadere nelle ipotesi in cui vengano attribuiti compiti a specifici soggetti a rilevanza pubblica costituiti ad hoc;

•in caso di esternalizzazione di attività o servizi, magari conferiti anche a soggetti privati.

Fonte: pubblicamministrazione.net

  

Pubblica Amministrazione: modifiche al Codice dell'Amministrazione digitale

La Commissione bilancio della Camera si è espressa positivamente sullo schema di dlg su cui ha preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo, mentre in Commissione affari costituzionali del Senato prosegue il confronto sullo schema di decreto legislativo n. 82/05 recante modifiche al Codice dell'amministrazione digitale (approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 19 febbraio 2010).

Le modifiche servono a porre rimedio ad alcune lacune normative del Codice in vigore.

 

Leggi lo schema del dlg recante "modifiche al Codice dell'Amministrazione digitale, ai sensi dell'art. 33 della legge 18 giugno 2009, n.69" (Atto del Governo n.266)

Fonte: legautonomie.it

 

 

CIVIT: delibera n.133/2010

Delibera n. 113/2010 – in tema di applicazione del d. lgs. n. 150/2009 e della delibera n. 88/2010 agli enti del Servizio Sanitario Nazionale.

 

Leggi in allegato il testo della Delibera n 113 del 2010.

Fonte: legautonomie.it

  

CIVIT: Piano performance - Struttura e modalità redazione

La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, con delibera n. 112/2010 del 28 ottobre 2010, ha approvato la “Struttura e modalità di redazione del Piano della performance” (articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, contenente istruzioni operative per la predisposizione del documento programmatico che dà avvio al ciclo di gestione della performance.

Tale delibera trova applicazione immediata per i ministeri, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, gli enti pubblici non economici nazionali e le agenzie fiscali (con esclusione dell’Agenzia del Demanio) e contiene le linee guida per regioni, enti locali ed amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nelle more dell’adeguamento degli ordinamenti degli enti territoriali ai principi contenuti nel decreto legislativo n. 150 del 2009.

 Leggi la Delibera n. 112 del 2010

Leggi la Delibera n. 112 del 2010 Allegato carte del lavoro

Leggi la Delibera n. 112 del 2010 Allegato concetto chiave di Performance

Fonte: legautonomie.it

 

 

CIVIT: attività della Commissione 22/12/2009 - 26/10/2010

La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, insediatasi il 22 dicembre 2009, ha pubblicato il resoconto dell'attività svolta nei primi dieci mesi dell'anno 2010.

 

Leggi il Documento con le attività della Civit.

Fonte: legautonomie.it

  

Pubblica Amministrazione: Tutela della concorrenza e Regioni nel nuovo assetto istituzionale dopo la riforma del Titolo V della Costituzione

La costituzionalizzazione, nell'art. 117, comma 2, del riferimento alla tutela della concorrenza, ha apparentemente colmato una lacuna, nel contempo aprendo un grave - e tuttora - irrisolto conflitto. La lacuna colmata è quella della mancanza nel testo originario della Costituzione di qualsiasi riferimento alla concorrenza. Anzi, il combinato dell'art. 41 e dell'art. 43 legittimava una interpretazione della Costituzione come orientata ad affrontare il tema della carenza di concorrenza con altri strumenti (le nazionalizzazioni e statalizzazioni evocate dall'art. 43 quale strumento per rispondere a situazioni di monopolio). Si può ritenere che, dopo l'ingresso dell'Italia nella Comunità europea, le letture stataliste dell'art. 41 non fossero più possibili, essendosi ormai definitivamente imposto quel filone interpretativo che collegava alla libertà dell'iniziativa economica, prevista dal comma 1, anche la necessaria tutela della concorrenza, quale corollario di un piena ed effettiva libertà economica.

In compenso, o per contrappeso, la previsione della tutela della concorrenza tra le materie di competenza statale, nel vuoto e nella genericità di altre previsioni competenziali, ha aperto un conflitto forte tra Stato e Regioni, che ne' le prassi, ne' la giurisprudenza della Corte costituzionale sono riuscite a colmare. Tanto che proprio questo appare oggi uno dei più gravi settori di conflitto politico-istituzionale tra le amministrazioni decentrate e le Autorità centrali.

Fonte: federalismi

 

 

Pubblica Amministrazione: Personale alla prova subentro

Il passaggio delle risorse umane dal gestore uscente di un servizio pubblico locale a quello subentrante è regolato dalle discipline settoriali e dai contratti collettivi. Il Dpr 168/2010 delinea all'articolo 8 il quadro di riferimento per la selezione del personale, ma non fornisce alcuna indicazione sulle modalità di gestione dei rapporti di lavoro nelle società affidatarie, confermando implicitamente che continuano ad essere normati dal Codice civile. La prospettiva di cambiamento del gestore in molti servizi pubblici per via degli affidamenti in scadenza alla fine del 2011 rende necessaria la verifica degli strumenti di garanzia per i lavoratori. La regolazione del trasferimento del personale dal vecchio al nuovo affidatario è stabilita da norme di rango legislativo per l'acqua e per il ciclo integrato dei rifiuti.

L'articolo 173 del decreto legislativo 152/2006 prevede che nel settore dei servizi idrici le risorse umane assunte presso la società uscente otto mesi prima dell'affidamento saranno soggette, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto e immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Al passaggio si applica la disciplina del trasferimento del ramo d'azienda prevista dall'articolo 2112 del Codice civile.

L'articolo 202, comma 6, dello stesso Testo unico dell'ambiente definisce una regola analoga per i dipendenti dei soggetti gestori uscenti dei servizi afferenti al ciclo integrato dei rifiuti. Rispetto a tale ultimo ambito, il contratto collettivo nazionale di lavoro di Federambiente apporta alcune disposizioni integrative, contenute nell'articolo 6, nelle quali si chiarisce che la società subentrante assume ex novo, senza effettuazione del periodo di prova, tutto il personale in forza a tempo indeterminato, addetto in via ordinaria allo specifico servizio affidato.

In questa prospettiva, l'affidatario uscente deve trasmettere all'ente che indice la gara per il servizio pubblico locale l'elenco nominativo dei dipendenti interessati al passaggio e le informazioni relative ai contratti collettivi (anche decentrati) applicati agli stessi

La disposizione del contratto nazionale evidenzia come le tutele siano riferite ai soli dipendenti assunti a tempo indeterminato, escludendo dall'obbligo di riassunzione sia i lavoratori a tempo determinato sia gli eventuali collaboratori a progetto. Tale aspetto è rilevabile in tutte le aree di sviluppo dei servizi pubblici locali con rilevanza economica.

La regolazione del passaggio di personale tra gli affidatari vecchi e nuovi del servizio gas (dove molte gare sono in atto) è disciplinata da un complesso di disposizioni più articolato e fondato sempre sulla disciplina del trasferimento d'azienda dettata dall'articolo 2112 del Codice civile, ma destinato a un riassetto in forza di uno dei decreti specificamente dedicati alla disciplina delle gare in rapporto alla definizione degli ambiti territoriali minimi (Atem).

Nello schema di decreto diffuso per l'istruttoria partecipativa degli operatori di settore viene infatti a essere previsto che il personale, addetto alla gestione locale degli impianti di distribuzione del gas naturale oggetto di gara, da almeno dodici mesi dalla data di richiesta delle informazioni per il bando di gara, è soggetto (ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro e salvo espressa rinuncia degli interessati) al passaggio diretto e immediato al nuovo gestore aggiudicatario, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. La stessa norma del decreto prevede che tale obbligo sia tuttavia limitato agli addetti risultanti da un rapporto con un numero medio molto elevato di clienti finali (uno ogni circa millecinquecento clienti).

Per molte altre tipologie di servizi pubblici locali (a rilevanza economica) rientranti nell'ambito applicativo del l'articolo 23-bis della legge 133/2008 e del Dpr 168/2010, il quadro di riferimento dei contratti nazionali di lavoro fa leva sull'applicazione delle tutele generali dell'articolo 2112 del Codice civile: possono essere ad esempio annoverati in questo quadro l'illuminazione pubblica o i servizi di gestione dei parcheggi (se non regolati dal contratto del settore trasporti). Nel passaggio dal vecchio al nuovo gestore, le risorse umane conservano i diritti derivanti dal precedente rapporto di lavoro e il nuovo affidatario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dal Ccnl di provenienza, fino alla sua scadenza.

LA DISCIPLINA

Il trasferimento dal gestore Spl uscente al gestore subentrante è:

  • definito dalla normativa di settore

(in alcuni casi con limitazioni quantitative)

  • integrato nelle procedure dalle disposizioni di alcuni Ccnl
  • sviluppato rispetto alla regolazione del passaggio in caso

di trasferimento d'azienda (articolo 2112 del Codice civile)

LE TUTELE

  • Le garanzie sul trasferimento si applicano ai dipendenti assunti con rapporto a tempo indeterminato prima di una certa data dal nuovo affidamento (8-12 mesi)
  • Non possono essere compresi nella procedura i lavoratori con contratto a tempo determinato e i collaboratori a progetto
  • In sede di gara l'ente locale affidante deve precisare l'obbligo di trasferimento/riassunzione

L'ITER

La procedura del passaggio avviene secondo queste tappe:

  • i lavoratori del gestore uscente impegnati nella gestione del servizio si devono licenziare (e possono comunque rinunciare al passaggio al subentrante)
  • il nuovo gestore assume ex novo, senza prova, i lavoratori dell'affidatario uscente
  • il gestore subentrante applica ai lavoratori trasferiti le condizioni contrattuali che questi avevano con il vecchio affidatario (il trattamento economico e normativo si applica sino a scadenza del Ccnl)

Fonte: il Sole 24 Ore

  

Pubblica Amministrazione: Il miliardo ombra dei sindaci. Comuni a rischio default con i debiti nascosti nei bilanci

La finanza-ombra di comuni e province vale almeno un miliardo all'anno. Ad alimentarlo sono tre D che contaminano i conti di un numero crescente di enti locali, anche al nord: debiti fuori bilancio, disavanzo, dissesto.

Il fenomeno più esplosivo è il primo: nasce come uno strumento eccezionale, da applicare quando una "sorpresa" (per esempio una sentenza che condanna il comune per un esproprio sbagliato) crea un pagamento che va onorato, anche se le risorse ordinarie dell'ente non lo permetterebbero. Si crea così un buco, che la legge chiede di ripianare entro i due anni successivi.

«Il fenomeno dei debiti fuori bilancio – scrive con il suo linguaggio ovattato la Corte dei conti nella sua ultima relazione sui bilanci di sindaci e presidenti di provincia – da indizio di patologia nella gestione del bilancio sembra rientrare ormai nella fisiologia, data la rilevanza degli importi riconosciuti e del numero degli enti coinvolti». L'anno scorso buchi piccoli e grandi si sono aperti in 1.550 comuni, per un totale di 632,2 milioni di euro. A un primo sguardo il censimento della magistratura contabile segnala una dinamica stabile, con «solo» un aumento dell'1,5% sul 2008, ma basta un'occhiata un po' più attenta per cambiare idea: di solito al censimento rispondevano fra i 7.500 e gli 8mila comuni, nel 2009 l'appello si è fermato a quota 6.519. Difficile credere al miracolo di un'estinzione generalizzata, perché nel frattempo gli importi medi continuano a crescere. Fatta la tara delle mancate risposte, l'evoluzione porterebbe i debiti fuori bilancio a 755 milioni, con un aumento del 21,8% sul 2008 e addirittura del 45,7% rispetto a due anni fa.

Insomma: è vero che il comparto nel suo complesso ha superato gli obiettivi del patto e migliorato i propri conti, ma sempre più spesso si aprono crepe che i dati complessivi non riescono a vedere. I conti locali possono diventare critici anche quando non interviene un buco inaspettato. Basta, semplicemente che le spese fisse corrano più delle entrate e il gioco è fatto. Una prima stima del fenomeno arriva sempre dalla Corte dei conti, che nel 2008 (dati definitivi) ha contato 82 comuni in rosso per un disavanzo complessivo da 158,5 milioni. Anche questo terreno, però, è più accidentato di quanto sembra. Il principio del "buon padre di famiglia" imporrebbe di finanziare le spese fisse solo con entrate altrettanto stabili, ma la legge è meno tranchant e permette di fare ricorso a una serie di entrate straordinarie, a partire dagli oneri di urbanizzazione. Senza la deroga, l'equilibrio apparente salterebbe in moltissimi comuni, anche nelle regioni più ricche. Qualche esempio: Alessandria pareggia il preventivo 2010 grazie a 9 milioni extra, a Reggio Emilia la stampella è da 7 milioni, a Parma addirittura di 24, e copre l'11,5% delle spese correnti. Ora il governo vorrebbe stoppare il ricorso alle entrate extra per finanziare le spese ordinarie, e i sindaci lottano per strappare un'altra deroga. I numeri appena citati spiegano il perché.

A completare i conti della finanza-ombra ci sono i dissesti, diventati sempre più rari da quando alzare bandiera bianca non fa più partire l'assegno statale. Lo stato, però, sta ancora pagando i mutui legati ai vecchi default, una partita da circa 110 milioni all'anno. Così si è arrivati al miliardo.

Fonte: il Sole 24 Ore

 

 Pubblica Amministrazione: I costi impliciti annullano la firma dello swap

Un ente locale può annullare, con effetto retroattivo, la decisione di firmare uno swap che si è poi rilevato carico di «costi occulti». Il principio, che può avviare una serie di effetti a catena nei comuni e nelle province che hanno in pancia derivati sgraditi, è stato fissato per la prima volta dal Tar Toscana nella sentenza 66/2010, che ha dato ragione alla provincia di Pisa in battaglia contro Dexia Crediop e Depfa. Si tratta di una «sentenza breve», per cui un quadro più definito si avrà solo con il deposito delle motivazioni, ma gli effetti sono chiari: secondo i giudici amministrativi, non solo la provincia può annullare in autotutela il contratto, ma non è nemmeno obbligata a restituire gli eventuali differenziali attivi ricevuti durante il periodo di vita dei contratti.

La vicenda nasce nel 2007, quando la provincia di Pisa, dopo un'indagine di mercato per decidere come ristrutturare una parte del proprio debito, decide di affidarsi a Depfa e Dexia per emettere un bond da 95,5 milioni di euro, coperto da una coppia di swap gemelli firmati con i due istituti.

I primi mesi di vita dei due derivati (con collar formato da un floor al 4,64% e un cap al 5,99%) sono stati tranquilli, e hanno garantito alla provincia un differenziale positivo per 24mila euro. In seguito, complice l'abbassamento dei tassi, l'equilibrio è cambiato, i flussi positivi si sono prima arrestati e poi hanno cambiato di segno, e la provincia nel 2008 ha deciso di far ripassare al setaccio i contratti. Qui arriva la «sorpresa»: i due swap, secondo gli esperti incaricati dall'ente locale, sono nati con un «valore negativo» di 1,4 milioni, non espresso dai contratti, e non sarebbero quindi nati con «valore zero», cioè con una situazione di partenza in pareggio fra le parti contraenti. Proprio questi «costi impliciti» avrebbero infranto il principio della «convenienza economica» dei contratti, imposto dall'articolo 41 della Finanziaria 2002, per cui il comune li ha cancellati.

I due istituti hanno fatto ricorso al Tar per annullare la determina dirigenziale che cancellava i contratti, ma il Tar ha bocciato la richiesta andando oltre la stessa strategia della provincia: i giudici amministrativi hanno annullato le parti della determina in cui la provincia restituiva alle due banche i 24mila euro di flussi positivi ricevuti nei primi mesi degli swap.

Chi segue il processo ai derivati del comune di Milano riconoscerà in questa vicenda molti aspetti messi sotto esame a Palazzo di Giustizia. Anche gli swap di Palazzo Marino, secondo la procura, sarebbero dovuti nascere con «valore zero», ma sono stati gravati da costi impliciti (nel caso milanese i milioni contestati sono 101, su un nozionale da 1,685 miliardi). Le difese delle banche coinvolte (Depfa, Deutsche Bank, Ubs e Jp Morgan), contestano invece la tesi del «valore zero», sostenendo che i costi in più servono a remunerare il rischio e il lavoro delle banche e non vanno indicati separatamente ed esplicitamente nei contratti.

Una volta depositate, le motivazioni offriranno nuovi elementi alla diatriba. La partita pisana, però, è ancora più complessa perché si gioca anche in campo internazionale. Depfa e Dexia si contrappongono alla provincia anche alla Commercial Court di Londra, che qualche mese fa aveva stabilito la propria competenza in materia, sulla base del fatto che i contratti redatti su modelli Isda necessiterebbe della giurisdizione inglese. Un intreccio di controversie che è ancora lontano da una soluzione definitiva.

Fonte: il Sole 24 Ore

 

Pubblica Amministrazione: L'auto è un costo di servizio

La stretta sulle autorizzazioni per l'utilizzo del mezzo proprio dettata dalla manovra correttiva (articolo 6, comma 14 del Dl 78/2010) ha messo a rischio le funzioni ispettive e creato più di un problema, soprattutto negli enti che non hanno un parco macchine a cui ricorrere. Le PA hanno chiesto lumi alla Ragioneria generale, che nella circolare 36/2010 ha praticamente riacceso il semaforo verde ai rimborsi, mentre la Corte dei conti (parere 949/2010 della sezione Lombardia) dà una lettura diversa.

Che cosa potranno fare le amministrazioni dopo che le due istituzioni si sono espresse dando punti di vista disallineati? La differenza tra i due orientamenti sta nell'aver definito un diverso perimetro della residuale applicazione della normativa sul mezzo proprio, soprattutto sul il rimborso. Il suggerimento che verrebbe spontaneo è quello di scegliere la soluzione più «favorevole», che però cambia a seconda dei casi. L'applicazione, poi, ha sempre riflessi finanziari e la legge (articolo 6, comma 12) stabilisce che gli atti e i contratti posti che violano la disposizione costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. La Ragioneria muove dall'esigenza di salvare gli spostamenti degli ispettori, e di chi è impegnato in funzioni istituzionali di verifica, rimettendo al dirigente che deve autorizzare il compito di verificare la convenienza economica. Questa lettura non tiene conto del fatto che una parte della norma disapplicata si riferiva proprio allo svolgimento di funzioni ispettive.

Di fronte all'articolo 9 della legge 417/78, non disapplicato, che disciplina l'uso del mezzo proprio, con provvedimento motivato, «anche» oltre i limiti della circoscrizione provinciale quando particolari esigenze di servizio lo impongano e qualora risulti più conveniente, Corte e Ragioneria concordano sul fatto che la norma non rimane in piedi per una svista del legislatore. Solo che la Ragioneria ne limita la portata, più per ragioni finanziarie che per una ricostruzione giuridica coerente, prevedendo che, al di fuori delle funzioni ispettive, di verifica e controllo, l'autorizzazione è finalizzata solo alla copertura assicurativa e resta esclusa la possibilità di rimborso spese. La Corte sposta invece la lettura su un concetto di modalità di organizzazione secondo criteri di buon andamento, in cui l'utilizzo del mezzo proprio può essere considerato più funzionale. Con questa interpretazione, interessante e innovativa, il rimborso spese al dipendente costituisce non una spesa di personale, ma un costo del servizio, e l'autorizzazione è condizionata da una valutazione complessiva sull'efficacia ed economicità di una modalità organizzativa piuttosto che di un'altra, nel rispetto dell'articolo 97 della Costituzione.

Fonte: il Sole 24 Ore

 

Pubblica Amministrazione: I comuni rivendicano la leva fiscale

L'arrivo del maxiemendamento alla legge di stabilità, con l'alleggerimento da 400 milioni prospettato sul patto di stabilità dei comuni per il 2011, è una buona notizia. Il "patto civile" lanciato dal presidente dell'Anci Sergio Chiamparino, alla sua ultima assemblea nazionale alla guida dei sindaci (Torino è fra le città chiamate al voto amministrativo nella prossima primavera), pone però a governo e parlamento richieste più sostanziose, a partire dallo sblocco della leva fiscale congelata nella lunga attesa del federalismo. «La riforma – sottolinea Chiamparino – potrà andare a regime solo nel 2014, e siamo d'accordo perché i tempi per una svolta così profonda non possono essere più brevi. Ma che senso ha dire ai comuni che si sta preparando l'autonomia fiscale e nel frattempo bloccare in modo centralista ogni possibilità di azione sulle aliquote locali?».

Lo stop al fisco comunale è stato previsto per tre anni dalla manovra estiva 2008, e l'intenzione del governo è di mantenere inalterata la situazione anche per il prossimo triennio. Niente incrementi all'Irpef comunale (con l'eccezione di Roma, impegnata nel rientro dal megadebito) o all'Ici superstite su immobili di lusso e seconde case, e manovrabilità possibile solo sulla Tarsu, per arrivare progressivamente alla copertura integrale dei costi del servizio necessaria per introdurre la nuova tariffa. In cima alle richieste Chiamparino mette invece un cambio di rotta: «Con dei limiti, naturalmente, e solo per chi non ha raggiunto i tetti di legge: ma l'autonomia fiscale va ricostruita subito».

Un'autonomia che i sindaci giudicano colpita su più fronti: «Si parla tanto di federalismo – accusa Flavio Zanonato, sindaco di Padova – e poi la manovra contiene norme che, per esempio, impongono ai comuni di tagliare dell'80% le spese per la cultura. La contraddizione è evidente», e l'esperienza di regole analoghe del passato insegna che anche il rischio di bocciature alla Corte costituzionale è concreto.

La questione aliquote è solo uno dei punti con cui il presidente dell'Anci costruisce il "patto civile" da proporre a governo e parlamento. Sempre nel capitolo bilanci, il presidente dell'Anci torna a insistere sulle modifiche al calendario previsto per i tagli ai trasferimenti, spostando sul 2012 una parte della sforbiciata da 1,5 miliardi prevista per il prossimo anno. Il nodo dei tagli va a braccetto con il patto di stabilità. Il "bonus" da 400 milioni va ovviamente nella direzione delle richieste dei sindaci; solo oggi si vedrà l'accoglienza della notizia, che ieri sera non era arrivata nei dettagli ai sindaci impegnati nella giornata inaugurale dell'assemblea nazionale, ma è scontato pronosticare una soddisfazione "parziale".

Le richieste degli amministratori si orientano su una ristrutturazione radicale del patto di stabilità, che Chiamparino ha liquidato ieri come «un anacronismo privo di senso economico». A motivare la bocciatura senza appello dei vincoli attuali di finanza pubblica è la questione eterna dei residui passivi, cioè delle risorse che servirebbero a pagare le imprese fornitrici, che sono presenti nelle casse dei comuni ma sono bloccate dal patto. Il tema è stato rilanciato nei giorni scorsi dai costruttori, che hanno indetto per l'inizio di dicembre gli stati generali dell'edilizia per lamentare i ritardi ormai insostenibili dei pagamenti pubblici; le province hanno già manifestato la loro adesione nel corso dell'assemblea annuale di Catania e anche l'alleanza dei comuni è ovvia. Per quest'anno la manovra correttiva ha sbloccato lo 0,75% dei residui, cioè circa 300 milioni, ma la richiesta dei sindaci è di tornare almeno al miliardo e 600 milioni liberato l'anno scorso dal decreto anti-crisi di luglio.

Nel "patto civile" proposto dall'Anci tutto si tiene, e dagli snodi della manovra dipendono anche le sorti del federalismo. In commissione alla Camera ha ottenuto un primo via libera il decreto attuativo sui fabbisogni standard, ma l'attenzione degli amministratori è puntata soprattutto sul provvedimento che contiene cedolare secca sugli affitti e imposta municipale sugli immobili. RICHIESTA DEI COMUNI

Sblocco delle aliquote di addizionale Irpef e Ici da subito, per i comuni che non applicano già i livelli di prelievo massimo previsti dalle leggi nazionali

PROGETTO DEL GOVERNO

Conferma, fino all'attuazione del federalismo fiscale (2014), delle regole introdotte per tre anni nel 2008, che congelano il fisco comunale e lasciano libertà d'azione solo sulla tassa rifiuti

RICHIESTA DEI COMUNI

Riscrittura delle regole per liberare i pagamenti tramite i residui passivi in conto capitale

PROGETTO DEL GOVERNO

Alleggerimento di 400 milioni della richiesta per il 2011

RICHIESTA DEI COMUNI

Definire l'aliquota base della nuova imposta municipale sugli immobili in modo da garantire il riequilibrio integrale con i trasferimenti soppressi, prima di procedere all'approvazione del decreto attuativo

PROGETTO DEL GOVERNO

Confronto tecnico paritetico con i comuni per individuare le forme di riequilibrio mentre il decreto procede nell'iter parlamentare

RICHIESTA DEI COMUNI

Slittamento al 2012 di una parte dei tagli (1,5 miliardi) previsti per il 2011

PROGETTO DEL GOVERNO

Conferma per un triennio della possibilità di destinare al finanziamento di spese correnti il 75% degli oneri di urbanizzazione; nuovi limiti all'indebitamento per i comuni sopra i 5mila abitanti (impossibilità di accendere nuovi mutui se gli interessi, sommati ai vecchi prestiti, superano l'8% delle entrate tributarie, extratributarie e dei trasferimenti)

Fonte: il Sole 24 Ore

  

Pubblica Amministrazione: La stretta sul debito si estende a tutti i comuni

Nuovo limite all'indebitamento per le province e per tutti i comuni, senza nessuna esclusione per gli enti non soggetti al patto di stabilità interno. È una delle novità più rilevanti spuntate per i sindaci dal maxiemendamento del governo alla legge di stabilità, in discussione alla Camera.

La nuova norma ricalca il progetto emerso nelle settimane scorse ma lo estende a tutti i comuni: dal 2011 sarà vietato accendere mutui o altre forme di finanziamento se queste fanno salire la spesa per gli interessi sopra l'8% delle entrate dei primi tre titoli (tributi, trasferimenti ed entrate extratributarie, come i canoni e le tariffe). Il parametro andrà calcolato rispetto al consuntivo del penultimo anno, per cui il limite 2011 sarà riferito ai valori registrati nel bilancio 2009.

Esteso a tutti i comuni, il nuovo tetto dimezza nei fatti la vecchia disciplina, fissata nell'articolo 204 del Dlgs 267/2000, che bloccava i mutui quando il peso degli interessi saliva sopra il 15% delle entrate dei primi tre titoli.

La nuova disciplina generale dell'indebitamento non è l'unica sorpresa spuntata ieri dal cantiere della legge di stabilità. Alla Camera è stato infatti bocciato l'intervento che avrebbe prorogato per i prossimi tre anni la deroga che consente di destinare al finanziamento della spesa corrente il 75% degli oneri di urbanizzazione. La partita è molto sentita dai sindaci, perché vale circa 1,5 miliardi che, in assenza della proroga, non potrebbero più essere destinati all'equilibrio di parte corrente. «Sappiamo bene – spiega il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino – che finanziare la spesa corrente con un'entrata straordinaria come gli oneri di urbanizzazione è sbagliato in termini di principio, ma i bilanci vanno fatti anche nel 2011 e in queste condizioni, fra tagli e manovra, non è possibile». Per questa ragione l'Anci torna alla carica e chiede un aggiornamento della deroga, che anche nel prossimo triennio divida la quota libera degli oneri fra un 50% da destinare genericamente alla spesa corrente e un ulteriore 25% da dedicare alla manutenzione ordinaria del patrimonio comunale. Se dovesse essere riconfermata l'incompatibilità per materia, dovuta al fatto che la legge di stabilità non contiene norme a cui agganciare la proroga, rimarrebbe comunque l'ultimo treno legato al decreto di fine anno, perché il maxiemendamento presentato dal governo non risolve comunque tutte le partite aperte.

La spesa corrente diventa la protagonista indiscussa anche nei nuovi meccanismi di calcolo del patto di stabilità. Il criterio di base rimane lo stesso, impostato sulla competenza mista che tiene conto della competenza di parte corrente e della cassa di conto capitale. L'obiettivo generale, uguale per tutti i comuni, è quello di raggiungere il "saldo zero" così calcolato, ma su questa base si innesta il secondo obiettivo, diverso per ogni ente: il miglioramento del saldo imposto dalla manovra, secondo il maxiemendamento del governo, si otterrà applicando una percentuale (l'11,4% nel 2011 e 14% nel 2012 e 2013 per i comuni; 8,3% nel 2011 e 10,7% nel 2012 e 2013 per le province) alla spesa corrente media registrata nel triennio 2006/2008. Il meccanismo, che contiene un "premio" implicito a chi ha esternalizzato molto, nasce nel tentativo di evitare penalizzazioni eccessive per gli enti che negli anni passati hanno avuto picchi di entrate non ripetibili, e che di conseguenza non riuscirebbero a raggiungere l'obiettivo chiesto dalla manovra. Scopo non raggiunto secondo i sindaci, che infatti chiedono di prorogare l'esclusione dal patto dei proventi da alienazioni immobiliari e dividendi straordinari delle società.

Il maxiemendamento del governo, infine, conferma il blocco della leva fiscale (con l'eccezione della Tarsu) fino all'attuazione effettiva del federalismo fiscale.

Fonte: il Sole 24 Ore

  

Pubblica Amministrazione: Sospesa la tracciabilità dei «vecchi» appalti

Confermata la moratoria della tracciabilità negli appalti e tutte le istruzioni per i nuovi contratti di lavori, servizi e forniture. Nella versione definitiva del decreto legge sulla sicurezza inviata al Capo dello Stato non ci sono sorprese dell'ultima ora per i due articoli (il 6 e il 7) dedicati agli appalti.

Non ha subito ritocchi, quindi, la sospensione per sei mesi dell'obbligo di pagare esclusivamente con mezzi tracciabili per i vecchi contratti di appalto firmati prima del sette settembre 2010 data di arrivo della legge 136 con il varo del «Piano straordinario contro le mafie».

Ed essendo il termine legato non al nuovo decreto ma alla stessa legge 136, in vigore già da due mesi, la scadenza per adeguare i contratti di appalto in essere è il 7 marzo 2011.

Entro quella data andranno rivisti i contratti per inserire la clausola di risoluzione automatica: chi esegue pagamenti con mezzi non tracciabili (ad esempio in contanti o con carta di credito) perde il contratto. E in più è costretto a pagare una sanzione pecuniaria proporzionata all'importo «evaso».

La moratoria dovrebbe ridare, in questo modo, tranquillità a stazioni appaltanti e imprese. La legge – priva di disposizioni transitorie e piuttosto generica – aveva di fatto bloccato i pagamenti in corso, precipitati nell'incertezza.

Ma il decreto legge conferma anche che la tracciabilità è invece pienamente operativa per i contratti di appalto firmati dopo il sette settembre 2010.

Per questi ultimi il provvedimento detta norme interpretative sui punti più intricati: ad esempio, ammette senza più dubbi che uno stesso conto corrente dedicato possa servire per appoggiare i pagamenti di più contratti. Evitando così che le imprese debbano accendere nuovi conti per ogni rapporto con la pubblica amministrazione.

Allo stesso tempo si risolve anche il nodo del codice da indicare per legare il pagamento al contratto: non più solo il Cup (Codice unico di progetto) rilasciato dal Cipe esclusivamente per gli investimenti pubblici, ma anche il Cig (codice identificativo gara). Il Cig ha il pregio di essere già obbligatorio per ogni appalto (e, quindi, anche per servizi e forniture) perché viene già oggi rilasciato dall'Autorità di vigilanza sui contratti sia per versare la tassa sulle gare, sia per tracciare, a sua volta, la gara stessa.

Resta, tuttavia, il problema di un mancato coordinamento: anche nella versione definitiva infatti i ritocchi riguardano soltanto l'articolo 3 della legge 136/2010, quello che istituisce i nuovi obblighi.

Resta quindi invariata la norma sulle sanzioni per gli inadempienti (articolo 6 della legge 136). Con qualche sfasatura evidente: così, ad esempio, sarebbe ancora soggetto alla multa pecuniaria chi non trascrive nel pagamento il Cup, quando il decreto ha reso possibile anche l'utilizzo del solo Cig. E pure rischia una multa che va dal due al dieci per cento del valore della transazione chi rimpingua il conto corrente dedicato senza ricorrere al (solo) bonifico bancario o postale.

Ma tra i mezzi di pagamento definitivamente sdoganati dal decreto legge ci sono anche altri sistemi «purché – si legge nel testo – idonei ad assicurare la piena tracciabilità finanziaria».

Fonte: il Sole 24 Ore

 

Parlamento: pubblicata la Legge n. 183/2010 - c.d. Collegato Lavoro

Sul Supplemento Ordinario n. 243 della Gazzetta Ufficiale n. 262 è stata pubblicata la Legge n. 183/2010 (c.d. Collegato Lavoro).

La norma diventerà operativa dal 24 novembre 2010.

Leggi in allegato la legge 183 del 2010.

Fonte: dpl modena

 

Pubblica Amministrazione: Via al primo master sull'interoperabilità per la PA e imprese

C'è tempo fino al 10 dicembre prossimo per presentare le domande di partecipazione al Master di secondo livello in "Interoperabilità per la Pubblica Amministrazione e le Imprese", il primo in Italia nel suo genere, che mira a formare professionisti di sistemi di e-government in grado di gestirne aspetti tecnologici, normativi, economici e organizzativi.

Il master, le cui lezioni si terranno presso l'Università Sapienza di Roma, è patrocinato dall'Agenzia per la diffusione delle tecnologie dell'Innovazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri e vede Telecom Italia, Ibm, Microsoft e Almaviva partner dell'iniziativa.

Il master prevede quattro mesi di attività sul campo da parte dei corsisti o in una delle aziende partner o in una grande Pubblica Amministrazione. Per i più meritevoli il master ha a disposizione appositi finanziamenti a copertura parziale o totale della quota di iscrizione e le lezioni saranno compatibili con orari lavorativi.

http://interoperability.dis.uniroma1.it/

Fonte:il corriere delle comunicazioni

 

 

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