News del 24 agosto 2011 PDF Stampa E-mail

Pubblica Amministrazione: Dirigenti statali a concorso da ottobre

I ministeri e le altre pubbliche amministrazioni centrali, compresi gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, hanno tempo fino al 31 ottobre per bandire i primi concorsi pubblici per reclutare i dirigenti di prima fascia. Lo stabilisce la direttiva 11/2011, diramata ieri dalla Funzione pubblica, con cui il ministero guidato da Renato Brunetta prova ad accelerare sull'attuazione della riforma che cambia la strada d'accesso verso i vertici amministrativi.

La novità è quella dettata dalla riforma del pubblico impiego (Dlgs 150/2009, articolo 47), che prevede il concorso pubblico per il 50% dei nuovi dirigenti di prima fascia nella Pa centrale. La platea dei posti da mettere a concorso, come specificato dal Dpcm emanato il 26 ottobre scorso, va calcolata sulla base delle caselle che si liberano nell'organico con le cessazioni dai lavoro dei vecchi dirigenti di vertice. Il passaggio essenziale, quindi, è la programmazione: le amministrazioni dovranno calcolare i posti che si liberano nel triennio 2011/2013 (o, se preferiranno in sede di prima applicazione adottare un orizzonte più ampio, nel quadriennio 2011/2014), e indicarle in una relazione da inviare a Palazzo Vidoni entro fine ottobre. La disciplina è quella del concorso pubblico per titoli ed esami per cui, nel bando, andranno specificati, oltre ovviamente al numero dei posti, l'orizzonte temporale di riferimento e i criteri e la tempistica per l'utilizzo della graduatoria e per gli eventuali scorrimenti, nel caso si liberassero ulteriori caselle. Senza questi elementi, avverte la direttiva, il rischio di impugnazioni è concreto; è possibile bandire anche posti a tempo determinato, che sono riservati però a funzioni che richiedono particolari professionalità da descrivere nel bando. 

Fonte: il Sole 24 Ore

  

Pubblica Amministrazione: Acquisti IT, innovare la privacy e investire nell'interoperabilità

Centralizzare tramite un main contractor? Meglio un sano conflitto di interessi

I servizi Ict sono indispensabili per accrescere l’efficacia della PA. Parliamo di efficienza e non solo di produttività: la seconda migliora l’utilizzo delle risorse a parità di servizi erogati, la prima consente di migliorare la qualità dei servizi erogati.

La produttività che migliora consente all’ufficio postale composto di 10 persone, di instradare più lettere, più raccomandate e di ricevere più pagamenti ed effettuarne di più. Sono le stesse 10 persone che danno un servizio maggiore. L’efficacia che migliora vuol dire che non solo la produttività aumenta, ma che si semplificano le procedure, si riducono i tempi di attesa, si riducono gli errori. I servizi della PA italiana sono inadeguati principalmente per la loro scarsa efficacia. Una Asl perde 5 milioni all’anno di entrate dovute ad autocertificazioni fasulle: gli assistiti autocertificano di avere redditi esenti da ticket e la Asl può solo controllare a campione, con costi elevati e l’impossibilità di riscuotere il dovuto, perché non può accedere all’anagrafe tributaria o altri data base utili. Non accede perché nel nostro paese c’è una visione arretrata della tutela della privacy che ostacola l’interoperabilità tra le amministrazioni pubbliche e perché mancano gli strumenti e le procedure di interoperabilità tra le banche dati pubbliche.

Superare questa visione arretrata della privacy e investire in interoperabilità non migliora solo la produttività ma cambia radicalmente il processi di controllo, migliora l’efficacia dell’amministrazione della sanità pubblica, poiché l’elusione viene controllata non più a campione ma in modo automatico, con costi di riscossione azzerati: il sistema sanitario nazionale recupererebbe una cifra intorno agli 800 milioni l’anno su scala nazionale.

Ict è, oggi, prevalentemente servizio, ossia modalità di assemblare tecnologie hardware e software per rispondere ad esigenze di ridisegno della comunicazione tra amministrazioni, tra queste e cittadini o imprese, tra imprese, tra cittadini. Questi ultimi sembrano assai pronti ad utilizzare strumenti nuovi nonostante i problemi di digital divide culturale, anagrafico e geografico. Ciò significa che sono le imprese e la PA che devono fare lo sforzo, anche per superare le limitazioni del “capitale umano”. In primis del proprio capitale umano, che non ha sviluppato la cultura dell’organizzazione finalizzata al risultato, misurabile, trasparente. La battaglia del ministro Brunetta, su questi fronti, è ancora in pieno svolgimento, i risultati si vedono (informatizzazione della giustizia, comunicazione digitale tra amministrazione e utenza, Codice dell’Amministrazione Digitale), il lavoro di ridisegno dei processi e di semplificazione delle procedure è in gran parte da compiere.

La centralizzazione è un processo applicato in tutte le grandi aziende: consente rilevanti risparmi e di sviluppare competenze. Centralizzazione non significa necessariamente che la soluzione ottimale sia il main contractor. Anzi, un sano conflitto di interessi tra progettazione e realizzazione, è utile a creare presso il cliente una capacità di analisi e monitoraggio critico dell’offerta e della sua realizzazione.

Fonte: corrieredellecomunicazioni.it

 

Pubblica Amministrazione: Iter semplificato per i documenti in formato digitale

Pubblicate il giorno 8 Agosto in consultazione sul sito web di DigitPA le nuove regole tecniche per la creazione, gestione e conservazione dei documenti informatici, regole che danno attuazione al Cad (Codice dell'amministrazione digitale). Le regole tecniche predisposte da DigitPA e dal ministero dell'Innovazione tecnologica introducono una vera e propria rivoluzione che influirà anche sui soggetti che già da tempo sono soliti gestire e conservare informaticamente documenti e scritture.

In effetti, i provvedimenti, da una parte, rispondono alla nuova filosofia di semplificazione che informa il Cad, secondo le modifiche introdotte nel Codice dalla legge 235/2010 e, dall'altra, abrogano, sostituendola, la delibera Cnipa 11/2004, la quale è alla base di tutte le soluzioni legali e informatiche che attualmente sono sul mercato.

L'intervento normativo è di particolare delicatezza e ha un impatto forte sul settore: proprio per questo l'amministrazione ha deciso di proporle, prima della loro emanazione definitiva, in consultazione pubblica per recepire tutti i contributi che dovessero arrivare da imprese, professionisti e operatori informatici.

Le regole in fase di emanazione disciplinano contestualmente il documento informatico, il documento amministrativo informatico e i fascicoli, i registri e i repertori informatici della pubblica amministrazione. Per ognuno di questi documenti il provvedimento definisce le caratteristiche, il processo di formazione e di chiusura degli stessi, nonché il rilascio di copie, duplicati e estratti. Nel complesso ne scaturisce una perfetta equiparazione sul piano probatorio tra documento informatico e documento cartaceo.

Molto importanti sono le caratteristiche del documento informatico.

In effetti, il documento informatico può essere originato:

  • dall'acquisizione dell'immagine di un documento analogico ricevuto per via telematica o su supporto informatico;
  • dalla sua creazione digitale attraverso strumenti software;
  • dall'insieme di dati, provenienti da una o più basi dati, raggruppati anche in via automatica. Questo documento informatico deve essere, però, memorizzato e reso immodificabile attraverso la sua chiusura e/o il suo invio in conservazione.

Un ulteriore profilo di interesse è costituito dalle modalità con cui il gestore del documento può produrre copie, duplicati ed estratti, allegando, se necessario per la natura del documento, l'attestato di conformità del notaio o del pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Vengono inoltre ridefiniti i ruoli dei soggetti che intervengono nel processo di conservazione ponendo una chiara distinzione tra chi produce il documento e chi lo conserva. Inoltre diviene obbligatoria la redazione del manuale della conservazione.

Documento attualmente creato su base volontaria e, per lo più, redatto non in modo conforme a quanto ora indicato dall'articolo 9 del provvedimento in commento. Infine, vengono esplicitate le modalità di esibizione del documento conservato, esibizione che può avvenire anche in remoto con procedure del tutto informatizzate.

Fonte: il Sole 24 Ore 

 

Pubblica Amministrazione: Il collegio dei revisori dei conti entrerà anche nelle Regioni

Per rafforzare i controlli interni e per valorizzarne l'autonomia rispetto agli organi di governo il Dl 138/2011 prevede l'introduzione del collegio dei revisori dei conti nelle regioni e lo sganciamento di quelli dei comuni e delle regioni dalla nomina, e quindi dall'influenza, degli organi di governo. Non è disposto alcunché per le province. Questa disposizione è un ulteriore tassello nella direzione di forme di controllo indipendente sull'attività delle Pa: viene dopo la valorizzazione del ruolo delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, l'accrescimento della responsabilità dei revisori e l'istituzione degli organismi indipendenti di valutazione; probabilmente precede l'istituzione di nuove forme di controllo.

Anche le regioni devono, per la prima volta e dal prossimo 1° gennaio, darsi il collegio dei revisori dei conti, sulla base dell'articolo 14, comma 1, lettera e). Per fugare le possibili censure di legittimità costituzionale questa disposizione, inserita tra le misure di contenimento del numero dei consiglieri e degli assessori, nonché di riduzione delle loro indennità, è motivata dalla esigenze di coordinamento della finanza pubblica e di contenimento della spesa. Non viene prevista come obbligatoria, ma costituisce una delle condizioni per poter essere considerati «ente virtuoso» e concorrere alla distribuzione delle risorse previste dall'articolo 20, comma 3 del Dl 98/2011. Le regioni sono incentivate - o di fatto obbligate - a istituire il collegio dei revisori dei conti. Per dare corso a tale disposizione devono darsi delle regole specifiche, i cui principi non possono che essere inseriti nello statuto, il che potrebbe determinare dei ritardi nella concreta attivazione del nuovo istituto. Occorre definirne bene i compiti, visto che la disposizione legislativa si limita a considerarlo «organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell'ente». È poi necessario fissarne il numero, che dovrebbe essere di tre, considerato che si parla di un collegio e che il Dl 78/2010 fissa in tale cifra la soglia massima dei componenti gli organi di controllo delle Pa. Si deve fissare la durata. Vanno anche individuate le modalità operative: il legislatore si limita a stabilire la necessità del sorteggio tra i componenti un elenco regionale di cui possono, a domanda, far parte gli iscritti al registro dei revisori legali, che siano «in possesso di specifica qualificazione professionale in materia di contabilità pubblica e gestione economica e finanziaria degli enti territoriali».

Per i comuni, l'articolo 16, comma 11, dispone che la nomina dei revisori dei conti avvenga tramite sorteggio da un elenco provinciale nel quale sono inseriti a richiesta i revisori dei legali in possesso degli stessi requisiti di conoscenza della contabilità pubblica previsti per potere essere utilizzati dalle regioni. La disposizione non modifica le regole del decreto legislativo 267/2000, nonostante esso preveda la necessità di modifiche formali, il che potrebbe sollevare dei dubbi applicativi. La decorrenza di applicazione è fissata nella prima scadenza dei collegi oggi in carica (durano tre anni). Le modalità operative saranno dettate da un decreto del ministro dell'Interno, da adottare entro la metà del mese di novembre (90 giorni dall'entrata in vigore del decreto). Fino ad allora sarà impossibile il rinnovo dei collegi di revisori già scaduti o che vanno in scadenza.

Fonte: il Sole 24 Ore

  

Pubblica Amministrazione: Mancano i modelli per la valutazione

Il controllo del conferimento di incarichi di consulenza e delle assunzioni flessibili da parte dei nuclei di valutazione e il formarsi di una specifica banca dati nazionale sono bloccati da tre anni dalla mancata emanazione da parte della Funzione pubblica dello specifico modello. Inoltre, la trasparenza dei contratti collettivi decentrati integrativi, in particolare per gli esiti sulla qualità dei servizi erogati, è resa impossibile, da quasi due anni, dalla mancata adozione da parte della Funzione Pubblica e del ministero dell'Economia dei modelli di relazione illustrativa e di valutazione da parte degli utenti.

La mancanza di questi modelli rende quindi impossibile l'effettuazione di importanti forme di controllo interno e di controllo "diffuso" sui due versanti che hanno fin qui determinato maggiormente l'esplosione dei costi del personale nelle pubbliche amministrazioni, e cioè il conferimento di incarichi esterni e la contrattazione decentrata integrativa. Per cui alcune delle più innovative previsioni introdotte dalla più recente legislazione sul lavoro pubblico rimangono inutilizzate per i ritardi dei soggetti chiamati a darvi applicazione.

Il decreto legge 78/2009, che ha modificato il Dlgs 165/2001, ha previsto l'obbligo per i nuclei di valutazione di verificare la correttezza del ricorso alle assunzioni flessibili e al conferimento di incarichi di collaborazione, sanzionando con il taglio della retribuzione di risultato le illegittimità effettuate dai dirigenti. A tal fine i nuclei devono acquisire, entro il 31 gennaio di ogni anno, le specifiche informazioni sulla base di «di apposite istruzioni fornite con direttiva del ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione». Le stesse informazioni vanno trasmesse anche a Palazzo Vidoni perché realizzi uno specifico rapporto annuale per il Parlamento. Nell'immediata scadenza di tale termine, sia nel 2010 che nel 2011 è stato formalmente annunciato che i modelli avrebbero subito visto la luce. E invece, niente.

Gli articoli 54 e 55 del Dlgs 150/2009 ampliano la trasparenza e le possibilità di controllo diffuso della contrattazione decentrata. Si prevede che tutti i contratti firmati in sede locale siano corredati da due relazioni (tecnico finanziaria e illustrativa) redatte «utilizzando gli schemi appositamente predisposti e resi disponibili tramite i rispettivi siti istituzionali dal ministero del l'Economia e delle finanze d'intesa con il dipartimento della Funzione pubblica». Del che fino ad oggi non vi è né traccia né notizia. E ancora di stabilisce che la relazione illustrativa «fra l'altro, evidenzia gli effetti attesi in esito alla sottoscrizione del contratto integrativo in materia di produttività ed efficienza dei servizi erogati, anche in relazione alle richieste dei cittadini».

Inoltre, il dipartimento della Funzione pubblica, d'intesa con il ministero dell'Economia e la Conferenza unificata tra Stato, regioni ed enti locali, «predispone un modello per la valutazione da parte dell'utenza dell'impatto della contrattazione integrativa sul funzionamento dei servizi pubblici, evidenziando le richieste e le previsioni di interesse per la collettività», modello da pubblicare sul sito internet di ogni ente, unitamente agli esiti della valutazione. Anche di tale modello non vi è tuttora né traccia né notizia.

Fonte: il Sole 24 Ore

 

Pubblica Amministrazione: conclusione carta dei doveri

Nel testo pervenuto dal Senato, la Commissione affari costituzionali della Camera ha licenziato per l’Aula il disegno di legge del Governo per la codificazione in materia di pubblica amministrazione.

L'Assemblea del Senato aveva approvato il 28 giugno il testo del ddl 2243, collegato alla manovra finanziaria, in un testo composto dal solo articolo 43 del provvedimento originario, con il nuovo titolo "Disposizioni per la codificazione in materia di pubblica amministrazione".

Il disegno di legge è l'ultimo di numerosi interventi di semplificazione che si sono succeduti a partire dalla legge n. 59 del 1997. Frutto dello stralcio di un più ampio provvedimento, il disegno di legge è collegato alla manovra finanziaria per l'anno 2010.

Nell’area documenti Quadrinet: Disposizioni per la codificazione in materia di PA

Fonte: legautonomie.it

 

Pubblica Amministrazione: Soggetto deputato al licenziamento disciplinare nella PA

Con sentenza n. 16190 del 25 luglio 2011, la Cassazione ha affermato che è nullo il licenziamento disciplinare di un dipendente comunale, comminato dal sindaco anziché dall'ufficio titolare del potere disciplinare.

In tema di rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubblica amministrazione, tutte le fasi del procedimento disciplinare sono svolte, unicamente, dall'ufficio competente.

Fonte: dpl modena

 

Funzione Pubblica: controllo sulle assenze dal servizio per malattia dei pubblici dipendenti

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con circolare n. 10 del 2011, fornisce alcuni chiarimenti in merito all'art. 16, commi 9 e 10 della Legge n. 111/2011 di conversione del DL n. 98/2011, sul controllo delle assenze dal servizio per malattia dei pubblici dipendenti; in particolare il regime di reperibilità e le assenze per visite, terapie e prestazioni specialistiche ed esami diagnostici.

Nell’area documenti Quadrinet: circolare n. 10 del 2011

Fonte: dpl modena

 

INPDAP: attività ispettiva in congiunta con il Ministero del Lavoro

In data 26 luglio 2011 la Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l'INPDAP hanno siglato un protocollo operativo in materia ispettiva previdenziale e assicurativa, diretta ad assicurare la corretta osservanza delle norme in materia di lavoro e di legislazione sociale.

L'attività ispettiva, organizzata nel protocollo, prevede un team costituito da personale dell'INPDAP e del Ministero del Lavoro per la verifica degli Enti pubblici sottoposti al controllo dell'Istituto previdenziale.

Nell’area documenti Quadrinet: Protocollo operativo

Fonte: dpl modena

 

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