Editoriale: crisi della politica e crisi economica. No ai tagli ai finanziamenti si alla loro sospensione. PDF Stampa E-mail

Le recenti notizie sulla crisi economica italiana disegnano ormai un paese in crescente difficoltà a causa dell’aumento della pressione fiscale e dei prossimi aumenti delle imposte locali, dell’IMU-ICI e poi dell’IVA, che salirà al 23%. Purtroppo diversi analisti internazionali ritengono che tali sacrifici fiscali, peraltro subiti solamente da una parte della popolazione a causa dell’enorme evasione fiscale, non saranno sufficienti ed altri ancora si renderanno ancora necessari.

Nel contempo le piccole aziende nazionali chiudono sempre più numerose, mentre le grandi imprese versano in una situazione di grave crisi e vengono acquistate a prezzi di saldo da parte delle multinazionali straniere, soprattutto tedesche e francesi, con un ulteriore impoverimento delle capacità tecnologiche ed occupazionali italiane. Vedere a questo riguardo i gravi rischi che corre la città di Roma con la vendita dell’ACEA, la strategica e storica azienda romana, che tanti ci invidiano anche all’estero, che si occupa  dei servizi essenziali di erogazione dell’acqua e di produzione di energia elettrica.

Tale situazione sempre più grave richiede evidentemente che i sacrifici vengano fatti da tutti, ivi compresi i partiti politici, allora così come sono stati sospesi gli aumenti delle retribuzioni dei dipendenti pubblici almeno fino al 2015 se non il 2018, analogamente si potrebbero congelare i fondi per i rimborsi elettorali.

Infatti, i dati resi noti parlano di erogazioni di circa 2,5 miliardi di euro a fronte di circa 500 milioni di euro, che sarebbero stati effettivamente spesi (il condizionale è d’obbligo), ebbene il surplus che le forse politiche dovrebbero restituire sarebbe pari a circa 2 miliardi di euro.

Una proposta molto moderata potrebbe essere quella di non chiedere la restituzione delle somme in sovrappiù già erogate ai partiti ancora in vita ma di congelare l’erogazione di nuovi fondi per i prossimi 10-15 anni, fino all’effettivo consumo di quelli appunto già incassati, mentre invece quelli ormai defunti, che continuano ancora oggi ad incassare denaro, dovrebbero al contrario restituire tutto immediatamente.

Ciò non toglie che anche le somme che non verrebbero restituite allo stato, ovvero a tutti noi, dovrebbero comunque essere controllate e monitorate nel loro utilizzo, ad esempio dalla Corte dei Conti, allo scopo di evitare che con queste somme - veramente rilevanti - non vengano acquistati ulteriori lingotti d’oro, diamanti, palazzi, ville di lusso e/o non vengano paradossalmente, come è avvenuto, esportate all’estero in paradisi fiscali o in paesi esotici.

Solamente in questo modo, senza quindi togliere niente a nessuno, si potranno risparmiare annualmente diverse centinaia di milioni di euro da destinare ad esempio alla riduzione della pressione fiscale.

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