INPS: pensione più lontana di 5 mesi dal 2019 PDF Stampa E-mail
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La prima legge che assicurava ai lavoratori dipendenti un diritto a pensione fu promulgata dal cancelliere Bismarck nel 1889. A quel tempo l’aspettativa di vita (circa 48 anni) era notevolmente inferiore rispetto al requisito anagrafico richiesto per percepire la pensione (70 anni) e, quindi, i lavoratori passavano, nella maggioranza dei casi, a miglior vita senza ricevere nulla di quanto versato. Il dubbio che sia forse questo l’infausto disegno sotteso alla riforma Fornero, con l’obiettivo di azzerare la spesa pensionistica e portare in avanzo il bilancio dell’Inps, appare sempre più fondato.

E, quasi a confermare questo inquietante sospetto, l’Istituto, con messaggio n. 2535 del 13 aprile 2015, nell’ambito delle istruzioni riguardanti i requisiti per l’assegno straordinario di sostegno al reddito dei Fondi di solidarietà di settore e per la prestazione di esodo per i lavoratori prossimi a pensione (articoli 3 e 4 della legge n. 92/2012), con oltre due anni di anticipo rispetto ai tempi delle procedure previste dalla legge, si è affrettato a precisare che anche l’incremento dell’anzianità contributiva per la pensione anticipata, nel biennio 2019-2020, non sarà “solo” di 4 mesi, come previsto al momento di approvazione della riforma Fornero, ma di 5. Un mese in più, dunque, che ci faranno, ovviamente, passare al lavoro.

La speranza di vita

Vale la pena ricordare come funziona il meccanismo di agganciamento dei requisiti di pensione all’aspettativa di vita. Tutti i requisiti anagrafici previsti dal Dl n. 201/2011 per l’accesso al pensionamento attraverso le varie modalità stabilite, compreso il requisito contributivo previsto per la pensione anticipata (dal comma 10), sono oggetto di adeguamento alla speranza di vita, secondo la disciplina introdotta dall’articolo 12 del Dl n. 78/2010. Si ricorda che il Dl 6 luglio 2011, n. 98, articolo 18, comma 4, intervenendo tecnicamente sull’articolo 12, commi 12-bis e 12-ter, aveva anticipato dal 1° gennaio 2015 al 1° gennaio 2013 l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita individuata dall’Istat, che rende annualmente disponibile entro il 31 dicembre, il dato relativo alla variazione nel triennio precedente della speranza di vita all’età corrispondente ai 65 anni in riferimento alla media della popolazione residente in Italia.
Pertanto, per effetto di tali disposizioni:

- il primo aggiornamento è contenuto nel Dm 6 dicembre 2011 emanato dal ministero dell’Economia e delle finanze, con il quale si era preso atto che la variazione della speranza di vita tra il 2007 e il 2010 era stata pari a 0,4 anni, dato che, trasformato in dodicesimi, corrispondeva a 5 mesi. Tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 12, comma 12-ter, del Dl n. 78/2010 per la prima applicazione, l’adeguamento a decorrere dal 1° gennaio 2013 era stato limitato a 3 mesi;
- il secondo aggiornamento è stato fissato in ulteriori 4 mesi a decorrere dal 1° gennaio 2016, dal Dm 16 dicembre 2014 (circolare Inps n. 63/2015);
- il terzo aggiornamento scatterà dal 1° gennaio 2019 e, successivamente, per effetto della correzione prevista dall’articolo 24, comma 13, del Dl n. 201/2011, ogni 2 anni, anziché ogni 3, come originariamente previsto.
Non va, infine, dimenticato che l’aumento dei requisiti è irreversibile; qualora, infatti, la speranza di vita dovesse invertire il trend, i medesimi non torneranno comunque indietro.
È come attraversare il deserto a piedi: il miraggio dell’acqua scompare quando ci si avvicina e così si finisce per morire disidratati.

Il messaggio n. 2535/2015

Nella relazione tecnica al Dl n. 201/2011 (riforma Fornero), con riferimento all’aggiornamento per il biennio 2019-2020, era stato previsto un aumento dei requisiti di 4 mesi. Ora, guardando i documenti previsionali più attuali a disposizione, vale a dire lo scenario demografico Istat - base 2011, ripreso nel rapporto n. 15 della Ragioneria generale dello Stato, sembra che dal 2019 vivremo 5 mesi in più, invece di 4. Conseguentemente, tutti i requisiti anagrafici e contributivi, secondo l’illustrata disciplina, dal 2019 dovrebbero aumentare di 5 mesi. Di ciò, dice l’Inps, bisogna tener conto nell’effettuare le certificazioni preventive necessarie per stabilire il momento in cui i lavoratori potranno accedere alle prestazioni straordinarie a carico dei fondi di solidarietà, ovvero della prestazione prevista dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 92/2012 (esodo nel settore privato), per quanto riguarda la data finale che, in relazione alla durata massima prevista per le varie prestazioni, può collocarsi anche nel biennio 2019. Ma, evidentemente, il nuovo dato, pur richiedendo il passaggio formale del decreto direttoriale per diventare definitivo, riguarda tutti i requisiti anagrafici e contributivi previsti per le varie tipologie di pensione (vecchiaia e anticipata).
Dunque, nell’effettuare qualunque attività di certificazione del diritto preventiva, l’Istituto fa presente che i dati da utilizzare diventano:

- 67 anni per l’età pensionabile (rispetto ai 66 anni e 11 mesi previsti nella relazione tecnica alla legge Fornero);

- 43 anni e 3 mesi per gli uomini e 42 e 3 mesi per le donne, l’anzianità contributiva per il conseguimento della pensione “anticipata”;

- 64 anni l’età pensionabile per la pensione anticipata dei lavoratori per i quali il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996.

E, a proposito dei lavoratori con primo accredito successivo al 1996 e con solo 5 anni di contribuzione effettiva, bisogna aggiungere, anche se nel messaggio non se ne fa menzione, che l’attuale requisito dei 70 anni e 3 mesi, che diverranno 70 anni e 7 mesi dal 2016, nel 2019 schizzerà a ben 71 anni.

Dunque, previdenza “double face”: politici con vitalizi stellari e blindati maturati in pochi anni da una parte, lavoratori sempre più vecchi e più poveri dall’altra.

Fonte: ilsole24ore.it

INPS: stabilizzazione c.d.bonus di 80 euro

L’Inps, con il messaggio n. 2946 del 29 aprile 2015, fornisce ulteriori chiarimenti in merito ai requisiti necessari per la concessione del credito di imposta (c.d.bonus di 80 euro) previsto dall’articolo 1, commi da 12 a 15, della legge 190 del 23 dicembre 2014, n.190 (legge di stabilità 2015).

Fonte: dottrinalavoro.it

 

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