Attualità: Il ritardo «licenzia» il dirigente PDF Stampa E-mail
Pubblica Amministrazione

Il decreto legge sulle semplificazioni mette in campo una serie di nuove tutele nei confronti del cittadino che presenta una istanza alla Pubblica Amministrazione.

Dall'introduzione del potere sostitutivo del dirigente individuato dall'amministrazione, o in mancanza, predefinito dal legislatore stesso, il cittadino allo scadere del termine per l'emanazione del provvedimento di suo interesse può investire direttamente il sostituto e ottenere quanto gli necessita, con un minimo di attesa ulteriore comunque pari a non oltre la metà del tempo fissato dalla legge o dal regolamento dell'amministrazione. Al verificarsi di un tale ritardo maturano in primo luogo gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa del dirigente o del funzionario che avrebbe dovuto provvedervi, e scatta la segnalazione alla Corte dei Conti che potrà condannare il lavoratore a risarcire un danno al suo ente di appartenenza.

Il ritardo o l'assenza del provvedimento finale costituisce anche elemento di valutazione negativa della prestazione del dirigente o del funzionario per l'anno in cui esso si verifica, e può comportare una riduzione dell'indennità di risultato; si tratta in queste ipotesi di responsabilità «dirigenziale» che si aggiunge alla responsabilità amministrativa. In casi estremi si può verificare per l'interessato una valutazione talmente negativa da determinare, qualora si ripeta per almeno due anni, anche non consecutivi, una valutazione di insufficiente rendimento: un'eventualità che rende il dirigente suscettibile di licenziamento disciplinare, come previsto dal decreto Brunetta (nel nuovo articolo 55-quater, comma 2, Dlgs 165/2001). Dal ritardo o dall'omissione del provvedimento richiesto dal cittadino, anche prima del decreto semplificazione e sviluppo, sorgeva a dire il vero in capo al dirigente o al funzionario responsabile anche una responsabilità di natura disciplinare.
Occorre però distinguere il comportamento del lavoratore che ha semplicemente ritardato nell'emanare un atto dovuto dall'ipotesi in cui il ritardo o l'omissione abbia anche comportato per il cittadino un danno ingiusto. Nella prima ipotesi la responsabilità disciplinare deriva dal comportamento scarsamente diligente nell'esecuzione dei suoi compiti e nella trattazione ordinata delle pratiche che potrà comportare dal minimo del richiamo verbale al massimo della multa fino a quattro ore di retribuzione. Qualora invece il cittadino investa il giudice civile, richiedendo un risarcimento alla Pa per il danno subito, al dirigente o al funzionario potrà venire contestata una diversa figura di responsabilità disciplinare. Anch'essa é stata introdotta dal decreto Brunetta, tra le ipotesi di «responsabilità per comportamento pregiudizievole per l'amministrazione» (articolo 55-sexies, comma 1, Dlgs 165/2001). Questa ipotesi di responsabilità disciplinare tuttavia richiede una sentenza favorevole al cittadino, che accerti il fatto che si sia verificato ai suoi danni un danno quale diretta conseguenza del ritardo o dell'omissione nell'emettere il provvedimento richiesto. Come previsto dall'articolo 2-bis della legge 241/1990, modificata dalla legge 69/2009, il ritardo o l'omissione devono essere frutto di dolo o colpa, anche lieve, del dipendente pubblico. Richiede pertanto che il giudice si esprima in tal senso, avuto riguardo al comportamento complessivo del lavoratore e alle eventuali attenuanti dovute, ad esempio, a carenze organizzative a lui non imputabili. L'entità del risarcimento riconosciuto con sentenza a favore del cittadino determina infine la gravità della sanzione disciplinare applicabile in queste ipotesi. Sanzione che varia da un minimo di tre giorni a un massimo di tre mesi di sospensione dal servizio e dalla retribuzione per il dirigente o funzionario responsabile del ritardo. Questo può tuttora costituire un problema, tenuto conto degli attuali tempi medi della giustizia, che rendono di fatto inefficace il meccanismo.

Fonte: Sole24Ore.it

 

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