Pubblica Amministrazione: Ddl anticorruzione, intervento Ministro Severino PDF Stampa E-mail
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Le Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia del Senato hanno ripreso l’esame del ddl anticorruzione, approvato dal Senato e modificato dalla Camera.

Nel corso della seduta, il Ministro Severino è intervenuta per riferire sulle modifiche apportate in seguito alla approvazione di un emendamento governativo nel corso dell'esame presso la Camera alle norme del disegno di legge in materia di reati per il contrasto dei fenomeni corruttivi.

Le modifiche proposte, in linea con accordi internazionali già ratificati dall'Italia, o in corso di ratifica, introducono una diversa modulazione delle condotte penalmente rilevanti, attraverso un generale inasprimento del quadro sanzionatorio e l'introduzione di nuove fattispecie criminose.

Il disegno di legge si propone di circoscrivere la concussione alle sole ipotesi in cui la condotta abusiva abbia determinato una effettiva costrizione in capo al privato, e pertanto ne limita la soggettività attiva, e la conseguente punibilità, al solo pubblico ufficiale in quanto titolare dei poteri autoritativi da cui deriva il metus publicae potestatis, e non anche all'incaricato di pubblico servizio. A tale limitazione si accompagna la netta differenziazione delle ipotesi di costrizione e induzione; le condotte di induzione, oggi ricadenti nell'articolo 317 del codice penale confluiscono, infatti, in un'autonoma fattispecie di reato, rubricata «Indebita induzione a dare o promettere denaro o altra utilità».

In questo caso, soggetti attivi del reato sono tanto il pubblico ufficiale quanto l'incaricato di pubblico servizio e la punibilità è estesa anche al privato che, non essendo costretto ma semplicemente indotto alla promessa o dazione, mantiene un margine di scelta tale da giustificare una pena seppure in misura ridotta rispetto al pubblico agente.

Proseguendo, il Ministro si è soffermata poi sulla riformulazione dell'articolo 318 del codice penale nel senso di sostituire alla figura della corruzione per un atto d'ufficio, o corruzione impropria, quella della corruzione per l'esercizio della funzione. Il nuovo reato punisce il pubblico ufficiale che, in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, riceva denaro od altra utilità di carattere patrimoniale o ne accetti la promessa. La riformulazione dell'articolo 318 del codice penale consente di ricostruire con maggiore precisione i confini tra le diverse forme di corruzione: da una parte, la corruzione propria, che rimane ancorata alla prospettiva del compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; dall'altra, l'accettazione o la promessa di una utilità patrimoniale indebita, da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, che prescinde dalla adozione o dall'omissione di atti inerenti al proprio ufficio. In questo caso, la condotta è obiettivamente meno grave per la pubblica amministrazione e giustifica la previsione di un trattamento sanzionatorio più tenue ma, comunque, significativamente più alto di quello oggi previsto dall'articolo 318.

Il Ministro si è poi soffermata sulle nuove fattispecie di reato ed in particolare sul reato di traffico di influenze illecite, il quale, introdotto nel rispetto di quanto previsto dalla Convenzione di Strasburgo, punisce con la reclusione da uno a tre anni chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio al fine di farsi dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della sua mediazione illecita ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. La stessa pena si applica a chi dà o promette denaro o altro vantaggio. Sono previste aggravanti e attenuanti speciali.In proposito sottolinea l'esigenza di introdurre nel nostro ordinamento una disciplina puntuale delle attività di lobbismo.

Ella ha dato conto poi del nuovo reato di corruzione fra i privati, in base al quale sono puniti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, compiendo od omettendo atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionano nocumento alla società. La ratio dell'intervento è quello di sanzionare tali condotte che recano un duplice danno: alla impresa di appartenenza del corrotto e alla leale concorrenza fra aziende.

A conclusione dell’intervento, il Ministro si è soffermata sulle modifiche apportate alle pene accessorie previste per i reati di corruzione e sugli interventi in materia di confisca.

Apertasi la discussione generale, il senatore Li Gotti (IdV) si è soffermato su alcune criticità. In merito, in particolare, al reato di corruzione fra privati, egli ha osservato come la previsione di un "nocumento per la società" ai fini della configurabilità del reato non si ponga in linea con quanto richiesto dalla Convenzione di Strasburgo; la normativa internazionale mirava a sanzionare la condotta dei dipendenti di aziende eroganti servizi di pubblica utilità ed operanti in regime di sostanziale oligopolio che per l'adempimento di prestazioni dovute inducono il cittadino a corrispondere somme di denaro o altri vantaggi economici. In tali casi – egli ha concluso - la norma introdotta rischierebbe di non trovare applicazione in quanto difficilmente si potrebbe verificare un effettivo "danno" per la collettività.

La senatrice Della Monica (PD) si è soffermata, tra l’altro, sulla fattispecie di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, osservando che si tratta di una ipotesi assai difficile da dimostrare e che il sistema di articolazione della corruzione attualmente segue altri percorsi. A tale riguardo, ella ha ricordato che la giurisprudenza ha equiparato il mercimonio di funzioni alla corruzione per atto contrario, per cui appare non congrua la differenza nella pena detentiva. Sebbene la distinzione tra i due reati possa essere funzionale all'utilizzo di strumenti investigativi specifici per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, talvolta il mercimonio di funzioni determina un danno anche più grave e quindi risulta più pericoloso della corruzione per atto contrario.

Ella ha poi condiviso le osservazioni svolte dal senatore Li Gotti a proposito della corruzione fra privati: è opportuna una riconsiderazione di quella norma, per renderla più aderente alle convenzioni internazionali e alle attese dei cittadini.

Con riferimento alla distinzione tra il caso in cui la condotta illecita sia posta in atto dal pubblico ufficiale e quello in cui quella condotta sia dell'incaricato di pubblico servizio, il senatore Saltamartini (PdL) si è domandato se non sia il caso di intervenire normativamente per definire nel dettaglio le due figure, evitando di affidare tale compito alla giurisprudenza. Inoltre, a suo avviso, è necessario tipizzare meglio alcuni comportamenti illeciti.

Fonte: legautonomie.it

 

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