Pubblica Amministrazione: Il vantaggio indiretto per il Comune esclude il danno erariale PDF Stampa E-mail
Pubblica Amministrazione

Non determina alcun danno erariale il dirigente comunale che concede un immobile del Comune in uso gratuito a un'associazione privata se da ciò deriva un corrispettivo indiretto all'ente come lo svolgimento di servizi e attività di utilità pubblica, nonché obblighi di gestione e di manutenzione dell'immobile in capo all'associazione stessa. A stabilirlo è la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Sardegna, con la sentenza n. 234 del 16 settembre 2013.

Il caso

 

La vicenda trae origine dalla concessione in uso gratuito a un'associazione culturale di una chiesa sconsacrata appartenente al patrimonio del Comune da parte di un dirigente comunale, previa apposita determinazione. Nella relativa convenzione, l'associazione si impegnava, tra l'altro, a garantire l'apertura al pubblico dell'immobile, senza oneri per l'amministrazione comunale, a farsi carico delle spese occorrenti al funzionamento della struttura, alla manutenzione dei locali e degli impianti; inoltre la stessa era tenuta alla conservazione dei beni mobili e attrezzature eventualmente ricevuti dal Comune, nonché alla custodia degli stessi e dei locali ricevuti, a proprie cure e spese.

Successivamente il nuovo dirigente comunale revocava la convenzione stipulata dal predecessore per violazione di alcuni obblighi da parte dell'associazione (mancata apertura al pubblico della struttura per un totale di otto giorni in un anno).

Il Pm contabile riteneva sussistente la responsabilità del dirigente per la mancata previsione, determinazione e riscossione dei canoni di concessione dovuti dall'associazione culturale per l'utilizzo di una struttura appartenente al patrimonio indisponibile del Comune. Il convenuto si difendeva sostenendo che l'obbligo di pagare un canone era sostituito dall'onere a carico del concessionario di effettuare molteplici prestazioni a favore dell'amministrazione comunale; inoltre eccepiva che si trattava di una scelta discrezionale ispirata a criteri di ragionevolezza e congruità e, in quanto tale, insindacabile dal giudice contabile.

La decisione

La Corte dei conti ha ritenuto insussistente la responsabilità del convenuto ed inesistente il danno erariale ipotizzato dalla Procura, condannando anche il Comune alla refusione delle spese di lite. I giudici hanno rilevato che sussisteva la necessità di provvedere ad un servizio di gestione del bene poi concesso all'associazione, per garantirne la fruibilità e l'accesso al pubblico ed evitare atti vandalici e il nuovo degrado del sito. Per far fronte a tali oneri era stata stipulata una convenzione che non comportava spese di alcun genere per l'amministrazione comunale.

Allo stesso tempo, alla luce dei fatti, la concessione doveva essere qualificata sostanzialmente come onerosa. Infatti l'immobile (chiesa sconsacrata) non poteva essere qualificato come bene suscettibile di redditività, rilevando piuttosto la finalità di fruizione pubblica. Pertanto con la sua concessione d'uso il Comune aveva conseguito un risparmio in termini di spese di gestione, di custodia e di manutenzione del sito, specie con riguardo alle spese del personale necessario per il compimento di tali attività, raggiungendo nello stesso tempo gli obiettivi sopra indicati.

In conclusione la forma di concessione adottata dal dirigente convenuto si era rivelata funzionale a garantire la cura dell'immobile, a consentirne la fruizione pubblica e a realizzare iniziative culturali e sociali, senza alcun onere per le finanze dell'Ente.

In sostanza si trattava solo formalmente di una concessione gratuita, visto che di fatto sussisteva una corrispettivo per la parte pubblica, in quanto erano stati espressamente previsti a carico del concessionario servizi ed attività di utilità pubblica, nonchè obblighi di gestione e di manutenzione dell'immobile ai quali non ha dovuto far fronte il Comune. La decisione appare del tutto logica, visto che era evidente che la convenzione prevedesse una serie di benefici, quantificabili anche economicamente, in favore dell'Ente pubblico: quindi non poteva sussistere un danno per la gratuità solo formale della concessione.

Fonte: Sole24Ore.it

 

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