Pubblica Amministrazione: In giunta «quote rosa» obbligatorie anche se lo Statuto non le prevede PDF Stampa E-mail
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All’indomani dell’entrata in vigore dell’articolo 137, comma 1, legge n 56 del 2014, attuativo del principio di parità di rango costituzionale, tutti gli atti adottati trovano in tale norma un ineludibile parametro di legittimità; sicchè l’attuazione del principio ordinamentale delle «quote rosa» in seno agli organi amministrativi degli enti pubblici, non può essere condizionata dall’omissione o dal ritardo del Consiglio comunale nel provvedere a recepire tale principio nello statuto comunale. È quanto afferma il Tar Sardegna, Sezione II, con la sentenza 24 novembre 2015, n. 1145(si veda anche il Quotidiano degli Enti locali & della Pa del 3 dicembre).

Il caso Agiscono alcune Associazioni, statutariamente finalizzate a promuovere e sostenere la partecipazione ed il ruolo delle donne ai diversi livelli di Governo all’interno delle Istituzioni, degli enti e della vita pubblica in genere, impugnando la nomina di un Assessore in sostituzione del precedente dimissionario, per violazione, tra le altre norme, dell’articolo 137, comma 1, legge n. 56 del 2014, ed, in particolare, deducendo che la composizione della Giunta comunale per effetto delle dimissioni dell’Assessore (donna) e della conseguente nomina sarebbe in contrasto con il principio di parità tra genere affermato dal richiamato articolo 137 che prevede che “Nelle Giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico”.

La decisione Il Tar sardo afferma alcuni fondamentali principi:-        ritiene evidentemente la posizione legittimante delle Associazioni ricorrenti;-        qualifica la nomina degli Assessori come atto amministrativo, sicchè l’ampiezza della discrezionalità nella predetta nomina ed i motivi legati ad equilibri interni di coalizione, definibili ‘politici’ non possono sottrarre l’atto al giudizio di legittimità sul rispetto delle norme che ne dettano la disciplina procedurale e sostanziale;-        affermano che il principio di parità di cui all’articolo 51 Cost. ha valore di norma immediatamente cogente e vincolante, come tale idonea a conformare ed indirizzare lo svolgimento della discrezionalità amministrativa, ponendosi rispetto ad essa quale parametro di legittimità sostanziale (ex multis Corte costituzionale n. 4/2010; Tar Campania - Salerno Sezione II, sentenza 5 dicembre 2012, n. 2251 ed ivi citate, Tar Campania - Napoli, Sezione I, n. 12668 del 2010 e nn. 1427 e 1985 del 2011).

Alcune riflessioni: nuove frontiere della buona amministrazione Il predetto vincolo alla discrezionalità della Pa costituisce, dunque, direttiva in ordine al risultato di promozione delle pari opportunità tra i generi, in funzione della parità sostanziale e del buon andamento dell'azione amministrativa. Il menzionato principio, peraltro, risulta ancor meglio specificato dalle modifiche introdotte dalla legge n. 215 del 2012, che lungi da costituire introduzione di un principio nuovo, non può che essere letta come interpretazione del principio di parità democratica nella rappresentanza già immanente nell’ordinamento interno, con l’ulteriore prescrizione per gli Enti locali di adeguare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge i propri statuti e regolamenti.
Assume rilievo da sottolineare che – come dimostra la sentenza in esame - al Giudice amministrativo è dato di garantire l'efficacia delle norme di diritto all'interno dell’ordinamento giuridico, ovvero di concorrere al diritto positivo inteso come quel complesso di norme che ha la forza di divenire e di imporsi. Questi è il Giudice che l’ordinamento ha individuato come capace di pronunzia proprio sull’esercizio della discrezionalità, che altrimenti rimarrebbe esclusa da alcun controllo (sulla base del principio costituzionale di separazione dei poteri).

Con  specifico riguardo alla questione in esame, vale evidenziare la particolare rilevanza data alle disposizioni internazionali (con riferimento precipuo alla Cedu) da quando la Corte costituzionale, con le sentenze n. 348 e n. 249 del 2007, ha, per la prima volta, riconosciuto alle previsioni della Cedu, come interpretate dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, il valore di "norme interposte" che integrano il parametro costituzionale di cui all'articolo 117, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui lo stesso impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli "obblighi internazionali".

Fonte: ilsole24ore.com

 

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