Pubblica Amministrazione: Patto di stabilità, cosa cambia per i comuni con le nuove regole PDF Stampa E-mail
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Nel cantiere del nuovo patto di stabilità per gli enti locali spunta una clausola di salvaguardia destinata agli enti che sarebbero troppo penalizzati dalle nuove regole. La novità emerge dai tavoli tecnici che stanno riscrivendo le regole per la finanza di comuni e province, destinate a entrare nella legge di stabilità nel corso dell'esame parlamentare.

La clausola di salvaguardia nascerà dal confronto fra il saldo obiettivo che sarebbe determinato dalle regole in vigore e quello previsto dai nuovi criteri di calcolo: chi andrà incontro a un peggioramento potrà in pratica dimezzare la differenza fra vecchio e nuovo obiettivo.

Lo «sconto» così ottenuto sarà pagato dagli enti locali che vivono una condizione opposta, e che dalle nuove regole otterrebbero un alleggerimento; questi ultimi dovranno infatti accrescere il proprio obiettivo, sempre di una quota pari al 50% della differenza fra vecchi e nuovi calcoli. La clausola di salvaguardia nasce prima di tutto per andare incontro a una serie di città che finirebbero per essere particolarmente colpite dai nuovi parametri. Mentre sul piano tecnico si susseguono le aperture del governo, però, su tutto il confronto pesa il nodo politico legato alle risorse che servirebbero a pagare le imprese fornitrici ma sono congelate nelle casse degli enti dai vincoli di finanza pubblica. È questo il cuore del check up sul patto previsto dall'accordo di luglio fra governo e sindaci, e rilanciato nei giorni scorsi dall'allarme di Federcostruzioni, ma a differenza delle modifiche tecniche questo alleggerimento costa e manca ancora la parola definitiva del ministero dell'Economia. «Stiamo trattando all'interno del governo e con la Ue per allentarlo», ha spiegato ieri il sottosegretario all'Economia Alberto Giorgetti, aggiungendo però che le «indicazioni precise» potranno arrivare «entro febbraio 2011».

Per capire la genesi della nuova clausola di salvaguardia, che rende i vincoli del patto di stabilità sempre più "artificiali" e scollegati dall'effettiva realtà della finanza pubblica locale, bisogna ripercorrere con ordine le novità che si stanno affacciando nei parametri di calcolo. L'obiettivo di bilancio per il 2011, secondo i criteri fissati nella manovra del 2008 ancora in vigore, si calcola in base al saldo 2007; gli enti con saldo positivo sarebbero chiamati a replicare la performance, quelli con i conti in rosso dovrebbero applicare invece una percentuale di miglioramento molto alta, che nella manovra 2008 era fissata tra il 125 e il 150% nelle province e tra il 165 e il 180% nei comuni. Per modificare queste quote, considerate inattuabili dagli amministratori locali, senza cambiare il saldo della manovra ritenuto blindato dall'Economia, si è rimesso in moto un confronto tecnico per trovare le nuove modalità di calcolo.

A quanto sembra, anche quest'anno dovrebbe cambiare praticamente tutto (si veda «Il Sole 24 Ore» del 2 ottobre). La base di calcolo per individuare il concorso alla manovra non sarà più il saldo 2007, ma la spesa corrente media 2006/2008 (in termini di impegni), e ogni comune o provincia dovrebbe vedersi assegnato un doppio obiettivo: il primo, uguale per tutti, imporrebbe di arrivare al «saldo zero», mentre il secondo dovrebbe variare per ogni ente ed essere legato anch'esso alla spesa corrente media del triennio 2006/2008. Le ipotesi allo studio parlano di un coefficiente intorno all'11 per cento, da applicare a queste uscite per individuare l'obiettivo di miglioramento dei saldi assegnato al proprio ente locale. Un altro meccanismo di salvaguardia, collegato al saldo obiettivo, dovrebbe spalmare i tagli ai trasferimenti fra tutti gli enti locali, per evitare di penalizzare troppo quelli (soprattutto al Sud) più dipendenti dall'assegno statale.

Come accade sempre quando si ritocca l'architettura sempre più raffinata del patto, ogni modifica divide gli amministratori locali perché tutto ciò che facilita la vita ad alcuni penalizza altri, spesso a prescindere dal tasso di «virtuosità» dei conti. Il nuovo sistema, per esempio, finirebbe per premiare chi negli anni ha esternalizzato molto, e quindi registra una spesa corrente più bassa nei propri bilanci, penalizzando invece gli enti che continuano a essere impegnati in prima persona in molte attività. Nasce da qui l'idea della clausola di salvaguardia, destinata a dimezzare le differenze (sia negative, sia positive) fra gli obiettivi determinati con la legge in vigore e quelli indicati dalle norme in arrivo con la legge di stabilità.

Il procedimento sulla carta è semplice (si veda il grafico a fianco): un ente che con le norme in vigore dovrebbe chiudere il 2011 con un saldo +50, e che dalle novità si vede chiedere un saldo +100, potrà dimezzare la differenza e chiudere l'anno prossimo a +75. Stesso principio per chi è in situazione opposta: nel suo caso il 50% della differenza va a peggiorare e non a migliorare l'obiettivo.

Fonte: il Sole 24 Ore

News del 2 Novembre 2010

 

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