Pubblica Amministrazione: Spesometro a rischio nei Comuni PDF Stampa E-mail
Pubblica Amministrazione

Spesometro tutto in salita negli enti locali.

Il provvedimento delle Entrate del 2 agosto 2013 esclude le pubbliche amministrazioni dall'obbligo della presentazione della comunicazione prevista dall'articolo 21 del Dl 78/2010 (il cosiddetto spesometro) per le sole attività istituzionali: di conseguenza, reintroduce l'obbligo di comunicazione per le attività della sfera commerciale, creando problemi operativi difficilmente superabili, anche alla luce del necessario adeguamento dei software in vista della prossima scadenza del 12 novembre.

L'esclusione prevista per lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni e gli altri organismi di diritto pubblico dal provvedimento delle Entrate del 21 giugno 2011 – modificativo del precedente provvedimento del 22 dicembre 2010 – teneva conto delle difficoltà di effettuare una precisa separazione tra operazioni commerciali e istituzionali. Gli enti, infatti, ricevono fatture che riguardano acquisti promiscui, che in molti casi non vengono registrati ai fini Iva per le difficoltà di imputazione corretta della detrazione.

Oltretutto, considerate le peculiari caratteristiche degli enti locali e delle attività svolte, lo spesometro rischia di complicarne la gestione senza ottenere in cambio informazioni rilevanti ai fini della lotta all'evasione. In alcuni casi gli enti non dispongono neppure di alcuni dati previsti dalla comunicazione. Ad esempio, gli uffici evitano l'emissione di migliaia di fatture attive per la partecipazione a corsi sportivi, di musica, centri estivi e così via, avvalendosi della semplificazione dal combinato disposto di due norme:

- l'articolo 22, comma 2, Dpr 633/1972, che prevede che, con decreto ministeriale, l'emissione della fattura possa essere resa non obbligatoria a determinate categorie di contribuenti che prestino servizi al pubblico con carattere di uniformità, frequenza e importi limitati;

- la circolare 18 Dir. Ta.Aa. del 22 maggio 1976, che consente tale semplificazione agli enti locali in attesa dell'emanazione del decreto ministeriale appena citato.

Inoltre gli enti locali, nell'ambito delle attività sociali esenti – quali la gestione di comunità o asili nido e l'assistenza domiciliare – possono richiedere la dispensa ex articolo 36-bis del Dpr 633/1972, per evitare gli oneri organizzativi connessi alla fatturazione. Tuttavia, in base alla circolare delle Entrate 24/E/2011, punto 2.1, tra i soggetti obbligati sono compresi anche coloro che si avvalgono della dispensa prevista dall'articolo 36-bis appena citato, obbligo ribadito della risposta dell'Agenzia dell'11 ottobre 2011 al quesito n. 10, secondo cui «vanno sempre comunicate le operazioni attive e passive esenti se di importo superiore alla soglia stabilita».

Posto che la soglia dei 3mila euro non esiste più – e quindi ogni operazione rilevante ai fini Iva deve essere comunicata – l'aggravio per gli enti appare sproporzionato rispetto al fine che si vuole raggiungere, dal momento che la quasi totalità del l'attività Iva degli stessi è rivolta ai privati cittadini.
Considerato poi che gli enti locali e la pubblica amministrazione in generale – confidando nel l'esclusione prevista dal provvedimento del direttore delle Entrate del 21 giugno 2011 – non sono preparati all'adempimento, e i tempi per rivedere software e procedure sono ristretti, viste le scadenze per l'invio telematico del 12 e del 21 novembre 2013, appare opportuno un rinvio dei termini e, almeno per quanto riguarda le operazioni attive (il cosiddetto elenco clienti), un ripensamento nei contenuti del l'adempimento.

 Fonte: ilSole24Ore.it

 

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