Pubblica Amministrazione: Voip al palo nonostante gli obblighi della legge finanziaria 2008 PDF Stampa E-mail
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Nonostante gli obblighi sanciti dalla Finanziaria 2008 migrazione tecnologica solo per il 6% dei telefoni. Ministero degli Esteri, Istat e DigitPA i soli ad aver già concluso la transizione.

Resa obbligatoria dalla Finanziaria 2008, la tecnologia Voip (voice over Ip) avrebbe dovuto essere adottata in tutti gli uffici della Pubblica amministrazione centrale (Pac), con notevoli vantaggi in termini di risparmio di banda e costi, possibilità di integrazione tra diversi servizi (telefonia, segreteria telefonica, videoconferenza, chat, e-mail, sms, fax), e offerta di nuovi servizi al cittadino. Ma così non è stato.

A raccontare il flop del servizio nel comparto pubblico i numeri del monitoraggio effettuato da DigitPA secondo cui, da gennaio 2008, su 331.798 telefoni sono migrati all’Ip circa 19mila apparecchi, pari al 6% del totale: il 2% nelle sedi centrali degli enti e il 4% nelle periferiche. “Le amministrazioni - spiega Gianni Nota, l’esperto di DigitPA che ha effettuato il censimento - privilegiano le sedi periferiche per l’installazione di impianti Voip sia per abbattere i costi delle comunicazioni tra le diverse sedi sia perché è più facile ed economico sostituire piccoli Pabx (centralini telefonici automatici) con apparati Voip, piuttosto che piattaforme più complesse, come quelle in forze negli uffici centrali”.
Il 13% dei telefoni è passato al Voip in modalità Ip trunk (si tratta di telefoni tradizionali collegati in Ip); l’81% degli apparecchi è ancora tradizionale. Discorso a parte va fatto per le scuole, che DigitPA monitora diversamente in quanto l’istruzione è anche competenza provinciale e comunale, dove la situazione non è certo migliore: solo il 3% de telefoni è in voice over Ip a fronte di un 97% ancora analogico.
E se l’adozione “langue” anche l’utilizzo non sta meglio. Laddove la tecnologia ha attecchito, abbastanza diffusa è solo la videoconferenza ma non le applicazioni “tipiche” (telepresence, click to dial, unified messaging) che potrebbero innovare la comunicazione pubblica, al di là del mero dato di risparmio.
Nonostante le basse percentuali di adozione e l’uso circoscritto della tecnologia va ricordato che ormai tutte le Pac hanno avviato programmi di migrazione ancora,però, non completati (ecco perché ci sono pochi telefoni collegati in Ip); situazione che, se da una parte ha salvato gli enti dalle sanzioni - la Finanziaria 2008 prevedeva il taglio del 30% delle risorse destinate alla telefonia per gli enti inadempienti - dall’altra ha fatto emergere tutti i limiti organizzativi di tali progetti. A cominciare dai responsabili o dai coordinatori dei piani di migrazione: in quasi tutte le Pac la fonia è di competenza delle direzioni Affari generali e del Personale con capitoli di spesa separati dall’Ict e addetti che poco competenti in hi-tech. Il fatto che un tema caldo come quello delle comunicazioni non sia competenza degli uffici Ict ha rappresentato, e continua a rappresentare, un grande ostacolo sul cammino dell’innovazione.
Mentre un centralino analogico, infatti, ha meno bisogno di manutenzione specializzata, una rete mista dati/Voip necessita di un controllo continuo, un ottimo know how e soprattutto di personale tecnico qualificato che spesso manca negli enti. E tali motivi spiegano anche perché al momento (eccezion fatta per Inps e Inail) non sono previste le sostituzioni dei grandi Pabx nella Pac, ai quali sono collegati migliaia di derivati. Fanno eccezione - ma sarebbe meglio dire fanno “scuola”- i piani Voip del ministero degli Esteri (che dall’entrata in vigore dell’obbligo del 2008, aveva effettuato la migrazione collegando in Ip 360 sedi), DigitPA e Istat, mentre Inps, Inail e ministero del Welfare contano di completare la transizione per il 2011.
Anche a livello locale il Voip è ancora poco diffuso: solo il 15% dei Comuni (soprattutto medio-grandi) dichiara di utilizzarlo e lo fa solo in base a presunte economie sul traffico e non, come sarebbe auspicabile, in base a progetti di integrazione delle reti e delle applicazioni.
Tra le Regioni l’Emilia Romagna è quella con la percentuale maggiore di diffusione (35%), seguita da Sicilia (circa 30%), Toscana (25%), Umbria (33%) e Valle D’Aosta(31%).

Fonte: Corriere delle Comunicazioni

News dell’11 Aprile 2011

 

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