Sanità: in Italia la spesa IT non decolla PDF Stampa E-mail
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L'Osservatorio Ict del Polimi rileva una concentrazione di investimenti al Nord (21 euro pro-capite) a fronte di un Sud che spende solo 9 euro per abitante: "Risorse insufficienti e lontane dalla media Ue. All'e-health serve una governance a più livelli istituzionali"

Ammonta a 920 milioni di euro il budget complessivo in tecnologie dell’informazione e della comunicazione delle strutture sanitarie italiane pubbliche e private, concentrato nel 79% dei casi tra le strutture del Nord, dove si registra una spesa Ict pro capite di 21 euro, contro i soli 9 euro per abitante nel Sud e nelle Isole. A dirlo la Ricerca dell'Osservatorio Ict in Sanità, presentata oggi presso l'Aula Carlo de Carli del Politecnico di Milano in occasione del convegno “Ict in Sanità: l'innovazione in cerca di autore” promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, con il contributo dell’Ict Institute del Politecnico di Milano e in collaborazione con Senaf/Exposanità.

Il report stima che gli investimenti sono destinati ad aumentare nei prossimi 3 anni, anche se il risultato sarà ancora ampiamente insufficiente. Il rapporto tra budget Ict e spesa complessiva aziendale infatti si attesta su un valore medio di circa l’1%, quota ancora lontana dai target europei. Mentre la volontà di fare innovazione in Sanità si scontra spesso con una governance frammentata e inefficace che insabbia nella dialettica di troppi decisori i buoni propositi e i piani di cambiamento.

Si allarga il divario tra chi spende poco e chi spende molto: cresce sia la percentuale di strutture sanitarie che destinano all'Ict oltre 2,5 milioni di euro sia quella delle strutture con budget inferiore al milione. Le aziende ad alto budget sono quasi tutte concentrate nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, mentre quelle a basso budget sono per oltre il 50% al Centro, al Sud e nelle Isole.

L’analisi punta a dimostrare come l’innovazione permetta di ottenere benefici sull'efficacia dell’assistenza al paziente, sul governo dei processi, sull'efficienza e la razionalizzazione della spesa e sulla qualità del servizio percepito dal cittadino: “L’investimento in tecnologie dell’Ict oggi rappresenta, più che un’opportunità, una strada obbligata – dice Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell'Osservatorio Ict in Sanità -. L’Ict rappresenta in Sanità una leva chiave per raggiungere contemporaneamente obiettivi di efficacia, efficienza e di miglioramento della qualità”.

In Italia però il contributo positivo dell’innovazione tecnologica sui processi e sull’organizzazione delle strutture sanitarie non è ancora pienamente compreso e sfruttato. “Le ragioni di questo gap sono molteplici – prosegue Corso –. C'è sicuramente la limitatezza delle risorse economiche investite, ma anche la debolezza del ruolo assegnato ai chief information officer con la conseguente mancanza di una governance unitaria degli sviluppi Ict a livello aziendale. C'è poi la carenza di competenze interne alla Direzione Ict delle singole strutture e la visione locale con la quale vengono pianificati e gestiti gli investimenti, insieme all’incapacità di fare sistema promuovendo lo sviluppo e il riuso di best practice”.

Per quanto riguarda la concentrazione degli investimenti la maggior parte del budget nazionale è concentrato nel settore pubblico: quasi metà (48%) è collocato nelle Asl e un terzo (31%) nelle aziende ospedaliere. Seguono gli ospedali privati con il 15% e gli Irccs con il 6%.

Nella ricerca emerge una chiara polarizzazione tra alta e bassa capacità di spesa. Rispetto al 2010, nel 2011 sono passate dal 43 al 46% le strutture sanitarie con un budget Ict al di sotto di 1 milione di euro e dal 37 al 40% quelle che dispongono di oltre 2,5 milioni di euro.

Le strutture sanitarie ad alto budget Ict nell'83% dei casi sono concentrate nel Nord Italia, solo l'11% nel Centro e il 6% nel Sud e Isole.

Il confronto nelle diverse regioni italiane tra efficienza, misurata in termini di spesa pubblica sanitaria pro capite, e qualità dei servizi, misurata in termini di soddisfazione dei cittadini, mostra inoltre come Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte siano caratterizzate al tempo stesso da elevata qualità percepita e bassi costi per il cittadino, mentre al contrario regioni come Lazio e Molise siano caratterizzate da elevati costi per il cittadino e scarsa qualità dei servizi. È possibile quindi dividere le regioni italiane in quattro categorie:

- Virtuose: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. Hanno già livelli elevati di budget Ict, ma dovranno continuare a investire in Ict per garantire un’innovazione sostenibile del sistema sanitario;
- Poco virtuose: Lazio e Molise. L’ICT, oggi molto poco sfruttata, deve essere utilizzata per abilitare una trasformazione radicale del sistema sanitario;

- Alta qualità e alti costi: Trentino Alto Adige, Friuli, Valle d’Aosta e Liguria. L’innovazione Ict deve servire per migliorare l’efficienza e porre i costi sotto controllo;

- Bassi costi e bassa qualità del servizio: le altre regioni. L'innovazione in ICT deve migliorare l’efficacia e la qualità percepita.

Gli ambiti “strategici”, con alta maturità e per cui sono previsti ulteriori investimenti nei prossimi tre anni, per gli investimenti Ict in Sanità sono soprattutto la cartella clinica elettronica (Cce), la gestione amministrativa e i sistemi di integrazione con il fascicolo sanitario elettronico. Sono da considerare invece ambiti “consolidati” la gestione delle risorse umane e i sistemi di business intelligence, per cui si sono raggiunti alti livelli di maturità ma non si prevedono per il futuro ulteriori investimenti rilevanti.

Al contrario, la gestione informatizzata dei farmaci e il supporto alla relazione con il paziente sono ambiti “emergenti”: non hanno ancora raggiunto un notevole sviluppo ma si prevedono elevati investimenti per il futuro. Infine, sono ancora marginali nella prospettiva delle strutture sanitarie i sistemi di clinical governance, la conservazione sostitutiva, la medicina sul territorio e la fatturazione elettronica, per i quali sono bassi sia la maturità attuale che gli investimenti previsti.

La volontà di fare innovazione in Sanità si scontra però in Italia con la presenza di una governance frammentata e spesso inefficace. La responsabilità della gestione della Sanità in Italia è infatti suddivisa in una rete a più livelli di attori autonomi, i cui comportamenti si influenzano reciprocamente. Capita spesso, così, che un’innovazione possibile non trovi applicazione a causa della mancanza di un “autore” che dal punto di vista organizzativo prenda l’iniziativa, assumendosi oneri e responsabilità.

“La ricerca evidenzia la necessità di una governance condivisa - conclude Corso – capace di incentivare e favorire sia il coinvolgimento verso i livelli più bassi sia la disponibilità verso quelli più alti, insieme alla collaborazione con gli attori dello stesso livello. Bisogna evitare di perdere altro tempo nell’attesa di un intervento provvidenziale, una sorta di ‘deus ex machina’ che possa intervenire dall’alto e ristabilire il corretto equilibrio tra le parti – conclude Corso -. Ciascuno, dalle Istituzioni nazionali e sovranazionali alle Regioni, alle strutture sanitarie, fino ai singoli operatori della Sanità, deve impegnarsi al proprio livello a giocare il ruolo che gli compete in un sistema che per sopravvivere è condannato a innovare. Senza uno sforzo concreto da parte di tutti questi attori per una governance condivisa, l’innovazione Ict in Sanità rischia di rimanere per sempre in cerca d’autore”.

Fonte: corrieredellecomunicazioni.it

News del 17 Maggio 2011

 

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