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4° Conferenza Nazionale APQ
Resoconto degli interventi
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INTERVENTO 1

  • Creatività ed innovazione: le nuove sfide del sistema economico globale

Dott.ssa Irene Tinagli
(ricercatrice Carnegie Mellon University di Pittsburgh e Responsabile Scientifico Creativity Group Europe)

Stiamo vivendo in un’era di grandi trasformazioni economiche e sociali, una fase di cambiamento che sta trasformando non solo le nostre economie e la nostra società, ma anche la nostra vita, e sta modificando al contempo la geografia della competizione globale e locale. “Un’economia che voglia intraprendere un percorso di sviluppo positivo e sostenibile ha bisogno di agire allo stesso tempo su variabili economiche, sociali e culturali. Questo – come spiega la ricercatrice - significa che una città o un territorio ha innanzitutto bisogno di capitale umano, di una base tecnologica forte e innovativa e di un sistema sociale aperto e stimolante che possa attrarre e trattenere nuovi e diversi tipi di talenti e consentire loro di esprimere al massimo il loro potenziale creativo ed economico”.

L’intervista 
Dott.ssa Irene Tinagli
(ricercatrice Carnegie Mellon University di Pittsburgh e Responsabile Scientifico Creativity Group Europe)

Rispetto ai tre fattori postulati nel rapporto, qual è la città italiana più attrattiva?   
“Dall’analisi è  emerso che sono le grandi città ad avere maggiori capacità di attrarre talento e tecnologie. Milano si conferma la capitale tecnologica,  Roma è però la città più dinamica. L’industria del cinema e le nuove tecnologie sono infatti settori in forte espansine. Roma ha inoltre diversità, è ricca di gruppi etnici diversi”.

 

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Cosa intende per classe creativa?
“La classe creativa è composta da professionisti, imprenditori, manager, dirigenti pubblici e privati e da tutte le professionalità. Ne fanno parte persone non organizzate difficilmente consapevoli del loro ruolo all’interno dell’economia. Hanno in comune caratteristiche culturali e psicologiche”.

In dieci anni di analisi la classe creativa ha raddoppiato la propria consistenza passando da 4 mila a 300 mila. Qual è la percentuale da attribuire al pubblico impiego?
“Si è registrata una crescita complessiva dal 9 al 21%. L’Istat – nonostante ripetuti solleciti – non mi ha fornito i dati relativi al pubblico impiego, quindi non mi è stato possibile recuperare una stima dettagliata. Il campione analizzato è diviso in due categorie, quella degli  imprenditori e quella dei professionisti. In questi naturalmente rientrano anche gli impiegati pubblici”.

Le tre “T” di tecnologia, tolleranza e talento possono essere applicate al settore pubblico?
“A livello statale oggi si va ridefinendo il ruolo del pubblico. L’Ente locale dovrebbe recuperare il ruolo di mediatore sociale, facilitatore di processi, di apertura, anziché di barriera.  Ha risorse umane che vogliono interagire con la struttura.  Occorre uno sforzo in tal senso per dare riconoscimento sia culturale che amministrativo alla persona valorizzando l’iniziativa individuale della conoscenza. Questo significa dare opportunità e quindi motivazione”.

Il settore pubblico è per certi versi un sistema chiuso, un’apertura è possibile?
“Occorre mettere in discussione il modello d’organizzazione del settore pubblico che dovrebbe far leva sulla capacità creativa e dovrebbe concedere maggiore autonomia e sviluppo organico.  L’impresa come l’ente è fatta dalle persone. Sono le risorse umane che cambiano l’anima e compongono l’anima delle aziende sia private che pubbliche”.

Il report: L’Italia nell’Era Creativa
Secondo il modello teorico proposto dall’economista americano Richard Florida, i fattori critici per lo sviluppo e la crescita si riferiscono alle dimensioni delle “tre T”: Talento, Tecnologia, Tolleranza.  Tale modello è stato utilizzato per analizzare una serie di città negli Stati Uniti, per valutare e comprendere meglio la competitività di paesi europei ed extraeuropei, ma anche per condurre un’analisi della realtà italiana.  La ricerca, condotta nell’ambito di un progetto realizzato da Creativity Group Europe ha prodotto il report intitolato “L’Italia nell’Era Creativa”, nel quale sono presentati una serie di indicatori che consentono di valutare ciascuna città.  “Con Talento – spiega la ricercatrice – s’intende la risorsa umana fondamentale sia a livello d’impresa e sia a livello di rapporti perché il talento attrae talento. Le persone tendono a spostarsi verso contesti dove possono trovare uno scambio intellettivo. La Tecnologia  - continua Tinagli -  è fondamentale perché le risorse umane non possono essere produttive se non esistono infrastrutture per l’innovazione e la cultura, dove in sostanza circolano le idee. Il terzo fattore postulato nel modello riguarda la Tolleranza che “è importante perché c’è bisogno di un clima culturale in cui non esistano barriere ma apertura verso tutto quel che può portare il nuovo. Questa è una cosa difficile da trovare perché molti contesti sviluppano barriere verso il nuovo, verso la diversità e verso la cultura. Il clima intollerante – ha concluso  - è deleterio per l’innovazione e per la capacità e la creatività individuale e collettiva”. La ricerca ha inoltre analizzato i contesti nei quali le aziende operano, l’impatto nel territorio in cui sono inserite e il rapporto interno dei dipendenti.  Una parte importante è stata poi riservata all’innovazione. Nell’attuale contesto non basta avere accesso all’innovazione e alla tecnologia, ma le aziende hanno bisogno di essere inserite in un contesto che permetta di entrare in contatto con risorse umane favorevoli alla commercializzazione e alla gestione della tecnologia. “Oggi – sostiene Irene Tinagli - le persone hanno un approccio al lavoro completamente diverso rispetto al passato. L’ambiente in cui vivono è una fonte di soddisfazione personale. Le persone hanno bisogno di stimoli continui, per questo è estremamente importante vivere in contesti dove si ha la possibilità di crescere. Attraverso il modello delle “tre T” si è arrivati a delineare le caratteristiche di quella che, con una provocazione, chiamiamo classe creativa”. 

 

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INTERVENTO 2

  • La cultura che crea valore

Dott. Franco D’Egidio (Amministratore delegato della società Summit)

L’attuale contesto economico è caratterizzato da rapidi cambiamenti e da una competizione globale sempre più incalzante che sta imponendo a tutti i livelli un ripensamento delle attività svolte direttamente dall’azienda. “I metri tradizionali di valutazione dell’impresa, basati sull’efficienza e sul compito, - per Franco D’Egidio  - non sono più sufficienti perché non sono in grado di dare informazioni utili sulla potenziale crescita economica dell’azienda. Il nuovo capitale aziendale non è più quello finanziario ma è quello della conoscenza. Questa è la vera ricchezza”. La via del successo di un’azienda per continuare ad essere competitiva ed attirare investitori internazionali, ha spiegato l’amministratore delegato: “Sta nella valorizzazione degli intangibili ovvero delle risorse umane, dei marchi, delle innovazioni e dei brevetti” e citando Saint Exupery Antoine, l’autore  de Il Piccolo Principe per D’Egidio: “Ciò che è veramente importante è invisibile agli occhi”. In sostanza chi concentra i propri sforzi sugli intangibili tende a costruire una cultura inimitabile e non soffre la concorrenza.  Le principali leve su cui agire per vincere le sfide sono l’innovazione e il brand.  “L’impresa con un patrimonio di marca forte riesce ad avere  una migliore posizione negoziale. Il leader – ha concluso D’Egidio – ha il compito di creare un clima di fiducia basato non sulla tangibilità ma su requisiti intangibili quali conoscenza, idee, immaginazione, reputazione, fiducia e cultura. Dall’interazione si genera valore e la creazione del valore è il must del management moderno.”

 

 

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INTERVENTO 3

  • L’innovazione di processo come fattore di competitività
    Dott. Leandro Aglieri

L’innovazione tecnologica è la leva strategica per la crescita del nostro Paese e sarà uno dei principali strumenti per rafforzare la competitività aziendale. Le imprese, invece di affidarsi a vecchi modelli come l’innovazione del prodotto, si soffermeranno sul processo che lo ha reso disponibile al mercato poiché tale modello di business non è accessibile, non può essere copiato o acquistato sul mercato in quanto dipende dalla specifica organizzazione dell’impresa. “Nei prossimi cinque anni – ha spiegato Leandro Aglieri -  l’innovazione tecnologica, in particolar modo  l’Information technology, sarà lo strumento per riuscire a centrare o a fallire l’obiettivo di acquisire le caratteristiche di collaborazione, flessibilità, apertura, indispensabili per operare sul mercato. Dopo anni nei quali l’innovazione è stata incentrata sul prodotto “ci sarà – ha concluso Aglieri - una forte spinta all’innovazione dei processi aziendali ed è qui che il ruolo dei quadri diventa fondamentale: diventeranno l’asse di trasmissione dei processi di innovazione verso le imprese”.

 

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INTERVENTO 4

  • Il Carisma al servizio della salute

Prof. Nicola Alberto De Carlo  (Università di Padova)

“Il benessere organizzativo, inteso come la capacità dell’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori” è caratterizzato da un insieme di fattori che spaziano dalle “regole implicite ed esplicite che consentono ai nuovi assunti di orientarsi ed essere accettati nel contesto lavorativo, al supporto organizzativo che fa si che i dipendenti percepiscano di essere rispettati, apprezzati e ricompensati per il lavoro svolto. Tali fattori incidono nella sfera della persona influenzandone l’operato e concorrono a promuovere o deprimere un miglior comportamento organizzativo”.
Queste le riflessioni contenute nel libro “Il Carisma al servizio della salute” illustrato dal Prof. Nicola De Carlo che descrive, attraverso la realtà dell’Ospedale Fatebefratelli, “l’importanza, in quest’epoca caratterizzata da innovazione tecnologica, complessità e competitività, ma anche da incertezza e precarietà dell’operare d’impresa,  della cura del benessere dei collaboratori”.
La conclusione inevitabile è che se le organizzazioni non incentivano la cura del benessere organizzativo, inteso in senso lato, sono più vulnerabili a fenomeni negativi quali: bassi livelli di motivazione, alto turnover, ridotta disponibilità al lavoro, carenza di fiducia e mancanza d’impegno. Questo disagio si ripercuote direttamente sulla qualità del servizio reso che causa  diminuzione della produttività, assenteismo e aumenti dei reclami da parte della clientela.
Per il Prof. De Carlo:“Ciascuno reca nel suo ambiente lavorativo la propria carica di desideri e di bisogni, che concorrono – se valorizzati – al miglioramento complessivo dell’organizzazione stessa e ne facilitano la mission”.



 

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